tag:blogger.com,1999:blog-58629060326377905602024-02-19T10:25:43.059+01:00Il diario di Guglielmo Mariale storie di uno normale, ma così normale che per la sua normalità è speciale...Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.comBlogger35125tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-9557825397194988212010-07-29T05:49:00.005+02:002010-07-29T06:00:17.980+02:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh_QrtEYrlYpIoQ-IDO4F0qbrNiJAxcCMhz1-24UjQEZDIcqIEcy00pOQJ7lpunmhb_CW6KxsTa6MwYQVA8jNuNwa6TbChLK_DhXcNU9O36DwXtP9zSwb8ap50v_sIU-4v2geZcFCoVv0/s1600/Knight_capital_Louvre.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" bx="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh_QrtEYrlYpIoQ-IDO4F0qbrNiJAxcCMhz1-24UjQEZDIcqIEcy00pOQJ7lpunmhb_CW6KxsTa6MwYQVA8jNuNwa6TbChLK_DhXcNU9O36DwXtP9zSwb8ap50v_sIU-4v2geZcFCoVv0/s320/Knight_capital_Louvre.jpg" /></a></div><div align="center"><br />
</div><br />
<strong>Evidentemente il blog, il mio blog, é un animale notturno. Mi chiama quando, come ora, non riesco a dormire e lo fa con una voce insidiosa e così suadente che anche quella parte ragionevole del cervello che ti dice "rimani a letto, prova a dormire, riposati che domani vai al lavoro" si deve arrendere alle lusinghe dei pensieri in libertà.</strong><br />
<br />
I pensieri (notturni) in libertà sono degli assassini. Si fanno strada fra le coltri e ti si piantano in testa come paletti nel cuore di Dracula. Tu hai un bel da girarti e rigirarti, voltarti e rivoltarti, stringerti al cuscino afferrandolo come se fosse la tua ancora di salvezza per resistere in un mare di seducenti sensazioni tattili, visive ed odorose come solo i sogni potrebbero essere, se si sognasse. I pensieri (notturni) in libertà sono peggio di uno sfigato che ti viene incontro su di una strada buia con gli abbaglianti accesi, luci tanto luminose che la notte sembra ancor più densa, ancor più nera, come un enorme sacchetto di liquirizia alla violetta.<br />
<br />
Allora, vinto dal richiamo della foresta, capisci che l'unica cosa da fare é scendere dal letto, cercare a tentoni braghette, maglietta e un paio di qualcosa da infilarci i piedi, il tutto in assoluto silenzio per non svegliare Mrs. K. o la piccola fragola e, navigando a fianco dei muri, raggiungere la postazione di sud-est, accendere il pc, infilarsi le cuffiette, metter su Miles Davis, aprire il blog e scrivere. Non puoi fare altro. Meglio una notte da scrittori che cento notti da insonni.<br />
<br />
<div align="center">***</div><br />
Prima, accucciato nel letto, pensavo a come diventerebbe il mondo se una mattina, tutti insieme, decidessimo di uscire di casa senza metterci la nostra solita armatura, evitando di sfoderare il nostro più falso sorriso Colgate. Cioé, se non si é capito, uscire nudi, per niente vestiti. Lasciando a casa le maschere ed i travestimenti, lasciando a casa quella parte di noi che ci siamo costruiti perché gli altri ci vedano in una certa maniera, lasciando a casa tutto ciò che, in fondo, é nostro solo perché ce lo vogliamo tenere addosso ma che, ancora più in fondo, non fa parte di noi. Lasciando a casa le armi di offesa e di difesa. Tutti nudi.<br />
<br />
Sarebbe un bel gesto di coraggio, uscire di casa come mamma ti ha fatto, fisicamente e psicologicamente. Lasciare a casa anche tutti i pregiudizi, quelli che ti impediscono di vedere le cose come stanno, gli altri come sono. A pensarci bene é un bel casino, anche affascinante, nella sua complessa complessità. Provo a spiegarmi meglio, me lo devo, se no mi ci perdo pure io. <br />
<br />
Facciamo finta di essere in due sulla terra, io e te che stai leggendo. Alla mattina ci svegliamo, espletiamo i nostri bisogni fisiologici, facciamo colazione e ci prepariamo per la giornata infilandoci nella nostra benedetta armatura. Siamo deboli, si sa, quindi meglio affrontare il mondo corazzati, come un cavaliere medioevale od un agente dalla SWAT. L'armatura é cangiante, elegante, di solito non si vede, qualche volta si capisce, molto spesso si subisce. Comunque sia, ce la mettiamo ed usciamo di casa.<br />
<br />
Insieme ai carboidrati a colazione abbiamo fatto il pieno quotidiano di pregiudizi, ripassando mentalmente le tabelline dei rapporti interpersonali, le equazioni della vita sociale e gli algoritmi sugli incontri casuali. Magari i risultati sono diversi ogni giorno, ma quando usciamo di casa abbiamo le nostre idee precotte, su di noi, sugli altri, sulla vita in generale e su quello che vogliamo fare in particolare. Ci siamo, siamo pronti, andiamo alla guerra, abbiamo anche le lenti a contatto per vedere solo ciò che ci pare.<br />
<br />
Ricorda, siamo in due. Riepiloghiamo. Ognuno di noi era nudo, in origine. Ci siamo alzati dal letto e subito ci siamo nascosti dentro una scintillante armatura, abbiamo fatto il pieno di pregiudizi e ci siamo messi le lenti selettive, quelle che ci fanno vedere le cose come vogliamo noi. Ok? Tutto chiaro? Spero di sì.<br />
<br />
Poi ci incontriamo, buongiorno, buonasera, vaffanculo, sia come sia. Io vedo te, tu ovviamente vedi me. Io vedo te come voglio vederti, tu vedi me come vuoi vedermi. Abbiamo le lenti selettive, no? Quindi, tanto per iniziare nessuno vede una cosa vera. La sfiga é, che se volessimo indagare più a fondo, colti da un'anelito di verità e di sincera curiosità, andremmo a sbattere contro l'armatura che l'altro porta. Quindi, in ogni caso, avremmo una visione distorta della verità. Nel primo caso vediamo l'altro come vogliamo noi, nel secondo lo vediamo come si vuol fare vedere lui. In nessuno dei due casi lo vediamo per come é, persi in una spirale di segnali stradali di senso unico.<br />
<br />
Forse nessuno lo sa, come la vita é per davvero. Come siamo noi, per davvero. Come sono gli altri, per davvero. Come potremmo essere, per davvero. Come vorremmo essere, per davvero. Forse nessuno lo sa. Per questo sarebbe eccezionale, una mattina uscire nudi per strada. Nudi. Nudi nati, come dicono a Fast City. Nudi e basta. Niente vestiti, niente idee, solo la voglia di vedere il mondo e di scoprire gli altri. <br />
<br />
Sembrerebbe dura... Io dovrei mettere a nudo il mio pisello, la mia burella, il mio io con tutti i suoi difettacci. Tu dovresti mettere a nudo la tua passera, la cellulite ed il tuo io con tutti i tuoi difettacci. Lui dovrebbe mettere a nudo le sue vere tendenze sessuali, lei far sapere che ha sempre sopportato questo e quello. E così via, per ognuno di noi che sta al mondo.<br />
<br />
Ma, mi chiedo, sarebbe dura "veramente"? Sarebbe dura mostrarsi difettosi in un mondo nel quale tutti sono pieni di difetti? No, non credo, sarebbe una cosa assolutamente normale, non farebbe per niente scalpore. In realtà é già così, il mondo é pieno di persone "difettose" ma ci vogliamo ingannare fingendo di essere perfetti. C'é una stringente logica sadomaso che sottende i nostri comportamenti. Se fossimo più liberi dai condizionamenti, sgraveremmo il cervello da uno squasso di pugnette che ci portano via un sacco di energie e saremmo più pronti a vivere l'attimo. A cogliere l'attimo, a cogliere l'altro. Ad accogliere l'altro.<br />
<br />
Io non credo che sarebbe dura. Io sono convinto che sarebbe molto meno faticoso. Certo, chi é molto pieno di se stesso, dovrebbe impegnarsi un pò di più, ma sarebbe anche molto più ricompensato. Niente é regalato, ma se una mattina tutti, e dico tutti, uscissimo di casa nudi, lasciando negli armadi gli scheletri delle armature del come voglio sembrare, lasciando nei cassetti le lenti a contatto dei pregiudizi ed i tacconi che abbiamo lasciato crescere sui nostri io, beh... sarebbe bello. <br />
<br />
No, sarebbe meraviglioso. Tutti nudi, nudi, nudi! Tutti uguali in braccio a mamma! <br />
<br />
<div align="center"><em><span style="color: black;">***</span></em></div><br />
<span style="color: red;"><em>note per la comprensione:</em></span><br />
<span style="color: red;"><em>burella - termine affettuoso per definire la pancetta, la buzza, lo stomaco prominente.</em></span><br />
<em><span style="color: red;">squasso di pugnette - mucchio di pippe, di seghe (mentali) in misura industriale.</span></em><br />
<em><span style="color: red;">taccone - crosta spessa e coriacea, cricca, sporco</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-2279037933780509682010-07-14T23:09:00.001+02:002010-07-14T23:10:24.528+02:00<strong>Ho conosciuto Dart Maul, il diavolo.</strong><br />
<br />
Con i suoi occhi chiari ed il suo sorriso, é colui che uccide poco a poco chi lo ama disperatamente. <br />
<br />
E' colui che usa, colui che fa soffrire. Colui che taglia le ali agli angeli. <br />
Colui che prende e poi butta via, quando non gli servi più.<br />
Colui che si nutre di polvere e nella polvere ritornerà.<br />
<br />
Avrei voluto sputargli in faccia tutto il mio disprezzo. E sarebbe stato troppo poco. Ma non era il momento giusto, non avrebbe capito. Invece io voglio che capisca. Che capisca cosa significa uccidere l'amore che gli viene regalato senza chieder niente in cambio.<br />
<br />
Lo farò, anche se conosco sua madre e le darò un dolore che non capirà. Ma non importa, non voglio più vedere il mio angelo piangere. Non voglio più vedere un fiore sulla corsia di sorpasso. Voglio che la maionese torni ad aver sapore, voglio che il mio angelo non prenda più sonniferi. Voglio che il mio angelo si addormenti come si addormentano i bambini. Sereni.<br />
<br />
Voglio che i principi siano solo quelli delle favole. <br />
<br />
Voglio che le lacrime siano solo di gioia.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-35931303936180872392010-07-14T22:23:00.003+02:002010-07-18T22:56:45.231+02:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxs0Zut6HmQgzDMk-YB5v4-dmo3sQj__J656T4sD2L45gtUR4OtPW58JQ4OU7-_g6xiIfA3wybrDztMkh4M3Fl1U68YZuUaOAjIEu1rgYjVsonpSH3KLpzOXV2I0Mk5GVDWU3cjawbeFI/s1600/guido-gennari-300x225.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" hw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxs0Zut6HmQgzDMk-YB5v4-dmo3sQj__J656T4sD2L45gtUR4OtPW58JQ4OU7-_g6xiIfA3wybrDztMkh4M3Fl1U68YZuUaOAjIEu1rgYjVsonpSH3KLpzOXV2I0Mk5GVDWU3cjawbeFI/s320/guido-gennari-300x225.jpg" /></a></div><br />
<br />
<strong>Stasera é una sera bellissima, non c'é una nuvola in cielo. L'aria é calda, calma e azzurra come il fiocco che avevo alle elementari sul grembiulino nero. Tutto sembra in pace. Guardo dalla terrazza e vedo alberi, verdi e immensi, case rosse e marroni, rondini nere che volano e luci che si accendono nell'imbrunire. Quando arriverà il buio, quello vero, allora spunteranno le stelle. Le prime, le più sfrontate, le più belle, si mettono già in mostra. Presto saranno seguite da milioni di altre, più piccole e più timide, ma non meno affascinanti.</strong><br />
<br />
La bellezza fa da corollario ad una settimana di merda. <br />
<br />
Venerdì G. si é impiccato, tagliandosi le ali. Ha dato un calcio alla sua vita, alle sue passioni, al suo mare, a sua figlia, a tutto. Ha lasciato dietro di sè un corpo appeso ad una corda, con i piedi che sfioravano terra.<br />
<br />
Quando l'ho saputo é stato come ricevere un pugno nello stomaco, uno di quelli che non ti lascia respirare.<br />
<br />
Di certo l'aveva pensata prima, ma non l'aveva detto a nessuno o nessuno l'aveva capito. Chissà, a modo suo forse aveva lanciato grida di aiuto che nessuno ha sentito e che sono ritornate al mittente, come degli schiaffi.<br />
<br />
Una settimana prima aveva compiuto gli anni, ma siamo stati in tanti a non ricordarci di lui. E ora non abbiamo più la possibilità di farglieli, quegli auguri. Possiamo piangere una preghiera disperata verso un Dio tremendo che gli ha lasciato la libertà di andarsene, lanciando un grido doloroso che non avrà più risposta. Chi l'ha visto nella cassa, prima che la chiudessero, mi ha detto che sembrava corrucciato. Lui che sapeva ridere, e ridere forte, si porterà dietro per l'eternità il dolore dipinto sul viso. Ora c'é solo da sperare che abbia trovato la pace che cercava, finalmente.<br />
<br />
Da ieri é in un tombino, cementato di fresco, al primo piano del cimitero nuovo. Da lì, ancora per un poco, si vede la campagna, sino a che non finiranno la nuova ala. Dopo, credo che si riuscirà a vedere solo un pezzo di cielo. Quel cielo che sembra un grande mare, quel mare che lui amava tanto. <br />
<br />
Ho aspettato che andassero via tutti, per andare a trovarlo. Sono rimasto lì solo, bagnato di lacrime e sudore, sotto il sole di luglio. Avrei voluto rimproverargli di non averci avvisato, ma non ci sono riuscito. Mi é rimasto solo il pianto e tanto dolore per non aver capito che stava morendo a poco a poco nella nostra indifferenza. Non posso neppure scusarmi, ormai. Non posso fare nulla.<br />
<br />
Restano solo diciotto anni di ricordi, di tutti i colori, che prima o poi svaniranno fra le pieghe della memoria, dispersi nel vuoto del tempo che passa. <br />
<br />
Addio G. Se puoi perdona chi non ti ha saputo capire.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-20914245510322798052010-05-08T13:35:00.002+02:002010-05-08T14:02:54.310+02:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2-oBVzhexz4EaaN9QpIMzcZ9-s7UpBAKgM3nl5UkT4sD9-BdRpQYXPYWiZm7B5vYqEQVsqrZOFfNf2vAKhVBKqYy6engwzyWVLR_LsauomTgAR4NCFiHkkZnVOPL8IZ5Ba9F9aVb87lw/s320/610px-Nebra_Scheibe.jpg" tt="true" /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><strong>Conoscete il "Disco di Nebra"? E' la più antica rappresentazione del cielo e dei fenomeni atmosferici che sia giunta fino a noi e contiene il sole, la luna, l'alba, il tramonto, le stelle e l'ammasso stellare delle Pleiadi, le sette sorelle che ho scelto come immagine principale per il blog di Guglielmo Maria. Gli archeologi stimano che sia stato manufatto fra il 1700 ed il 2100 avanti Cristo e poi sotterrato verso il 1600 avanti Cristo, vicino alla cittadina di Nebra, nell'attuale Germania. Potrebbe avere quindi più o meno quattromila anni, ma li porta benissimo e se fosse un vecchietto sarebbe uno di quelli arzilli arzilli che gli tira ancora l'ocarina quando vedono passare una signorina in minigonna in queste belle giornate primaverili.</strong></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Mi fa sempre effetto pensare che abbia così tanti anni. E' stato costruito da un'antico essere umano... sciamano, sacerdote, poeta, sognatore, astrologo, cacciatore, contadino o chissà cosa... che passava la notte a guardare e a studiare il cielo. Io non voglio dare per scontato che sia stato un maschio, anche se uso le declinazioni al maschile, per conto mio potrebbe essere anche stata una donna, soprattutto perché le donne hanno il potere di prendere i sogni e farli diventare realtà, anche se magari non se ne rendono conto e alcune non usano mai questo dono che Dio le ha dato.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Quattromila anni fa il cielo era già come lo vediamo ora, praticamente. L'unica differenza é che si vedeva bene dappertutto, perché non c'era l'inquinamento luminoso come ora che se vuoi vedere lo splendore del cielo te ne devi andare in mezzo al deserto. Quattromila anni sono uno sputo nella storia dell'universo, un attimo, un istante, un sospiro, forse anche meno. Per un uomo invece sono un tempo impossibile da comprendere razionalmente perché ben che vada potremmo viverne consapevolmente un cinquantesimo o poco più, prima che abbiano il sopravvento i pannoloni, le malattie della vecchiaia, le badanti ed evaporino i ricordi di tutta una vita insieme alle amicizie che se ne vanno una dopo l'altra. </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Chissà perché l'uomo di quattromila anni fa si fermava a studiare il cielo, cercava di capirlo e poi provava a disegnarlo su di un disco in metallo usando dell'oro per fare il sole, la luna e le stelle, l'alba ed il tramonto e la barca solare. Chissà? Forse non era solo per amore dell'arte e dell'artigianato, anzi, sicuramente non lo sarà stato. Molto più probabilmente con quel disco cercava di dare una risposta alle prime domande impossibili che gli sarà capitato di farsi, anche quattromila anni fa. Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Mah, qui si va sul difficile, sul filosofico, sul religioso, sull'incasinato. Meglio, come si dice ora, by-passare ed andare oltre. Oltre all'ostacolo.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Oltre l'ostacolo ci sono le stelle, che in questo caso sono le Sette Sorelle, le Pleiadi. Di loro, quando ci va grassa, dalle nostre parti riusciamo a vederne cinque, sei o sette. Se fossimo nel mezzo del Sahara, in una notte buia e senza luna, potremmo vederne una dozzina. Invece sono un centinaio. Sono giovani, hanno solo cento milioni di anni e moriranno presto, fra solo duecentocinquanta milioni di anni, più o meno. Per l'universo sono signorine, ma destinate ad una breve vita. Secondo me sono lassù che cercano di spassarsela, per questo mi sono piaciute per il blog di Guglielmo Maria. Sono un pò quello che manca a me. Un ammasso di voglia di vivere, di piacere di godersela, di desiderio di non mettersene troppa. Le hanno raffigurate come donne, come danzatrici, come nubili, come mamme, come galline coi pulcini. Effettivamente c'é tanto di femminile nelle Pleiadi.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Mi piace che siano le mie stelle. Non é da tutti avere sette stelle fighe, che danzano nel cielo. Ovviamente si spostano, girano intorno alla Stella polare, ma si sa che se le cerchi nel cielo le riconosci alla svelta, ti sorridono sempre e ti chiedono di danzare con loro. Diceva Friedrich Nietzsche che "<em>bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante</em>". Averne sette, quindi non é da tutti. E' un gran casino tenerci dietro, é vero. Però, c'é gusto... la "stella danzante" é la completezza che nasce dal caos, il caos che ci dona infinite possibilità di variazioni, di cambiamenti. Guardando la vita passata, quanti sono stati i momenti di caos, le infinite combinazioni che ci hanno permesso di partorire una stella danzante?</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Penso a mia figlia. E' in cucina che fa i compiti, sta recuperando due tre giorni di assenza da scuola per alcune caghette assortite. Ha bisogno del papà, ogni tanto mi viene a cercare, ogni tanto la cerco io. L'altro giorno ce ne siamo andati in giro per Gran Burrone, io e lei, mano nella mano. Un caffettino, poi in libreria, poi dal giornalaio e poi a casa. E lei con me, a giocare a quanti passi ci vogliono per attraversare tutto il portico, a guardare le vetrine della profumeria con i beauty case di Hello Kitty ed i profumi delle Winx. A spulciare fra gli scaffali della libreria i libretti di Geronimo Stilton e gli Harry Potter. Intanto io mi sono rilassato, mi sono divertito, mi sono piaciuto in quell'oretta con la mia stupenda stella danzante. </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Se penso che é nata dal caos, da una irripetibile coincidenza di fattori che in quel momento stavano lì, tutti nell'ordine giusto. Un minuto prima o un minuto dopo e non sarebbe stata lei. Magari dipende anche da cosa avevamo mangiato, da come avevamo passato la giornata, la serata. Dalla voglia di fare all'amore. O da chissà che cosa. Però, in quel momento lì, un mio spermino fra milioni di spermini arriva all'ovetto, bussa e gli viene aperto. E poi nasce la vita, si sviluppa e diventa mia figlia. Proprio lei. Una stella danzante. Una delle mie stelle danzanti. Una tenera stella danzante che, un paio di volte alla settimana si accoccola vicino al papà e si addormenta, lasciandosi cullare al ritmo del battito del cuore. E quando cambia il respiro e diventa regolare io capisco che se ne é andata nel mondo dei sogni, tenendo la mano al suo papà, il caos.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Ogni giorno possiamo creare una stella danzante, una delle Sette Sorelle, una delle Pleiadi. Magari non ce ne accorgiamo, ma basta un gesto, un attimo, un sorriso, un pensiero, una preghiera, una lacrima, una supplica, un bacio. Il caos ha bisogno d'amore per trasformarsi in completezza. L'amore dell'uomo di quattromila anni fa che ha messo delle lamine d'oro su di un disco metallico, l'amore dell'uomo di oggi che, fra milioni e milioni di cambiamenti, di possibilità, di incognite, sceglie di fare qualcosa. Qualsiasi cosa, anche chiudersi in casa a piangersi addosso per settimane, finché arriva il momento che si crea una stella danzante, anche se non ce ne si accorge subito e magari la si confonde col caso, che si scrive con le stesse lettere, ma non é proprio la stessa cosa. </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Infatti, niente é per caso, ma tutto é per caos. Ricordiamocelo. Teniamolo presente...</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Ognuno di noi é una stella nata dal caos, cresciuta nel caos e bellissima come l'Amore.</div>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-53424850176075119292010-04-25T12:33:00.006+02:002010-04-25T17:22:18.389+02:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZS8KdPFLifSN57T1e1DhSdykPchwa5i6VnjmH5B931DB52kMEJiI2WGev2X4MAeLLdqx-K__M1hQ7q3mH_iOLx3QBCFDAm73PBUs3gUYM9EhR4KidEA4-Kwf99q7YnicDrVe-hxX3jpE/s1600/domino-vi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZS8KdPFLifSN57T1e1DhSdykPchwa5i6VnjmH5B931DB52kMEJiI2WGev2X4MAeLLdqx-K__M1hQ7q3mH_iOLx3QBCFDAm73PBUs3gUYM9EhR4KidEA4-Kwf99q7YnicDrVe-hxX3jpE/s320/domino-vi.jpg" tt="true" /></a></div><div align="center"></div><br />
<strong>Oggi é il venticinque aprile. E' una giornata importante e ancora molto sentita, però visto che quest'anno casca di domenica e non siamo in campagna elettorale ce ne si accorge un po' meno e poi la gente é dispiaciuta e un pò scocciata perché non c'é il ponte e tocca lavorare tutti i giorni. Sono tantissimi anni che siamo stati liberati, moltissimi anni. Io non c'ero ancora e gli atomi che ora mi compongono chissà dov'erano allora? Erano atomi da guerra, forse, oppure atomi da libertà? Oppure, semplicemente, atomi e basta, solo piccoli pezzetti di materia. Più probabile quest'ultima, come ipotesi, perché gli atomi, checché se ne dica, non sono né bene né male ma sono. Poi dipende da come si usano, ma questo é un'altro discorso.</strong><br />
<br />
Siccome oggi é la festa della Liberazione ed io ho deciso di vivere alla giornata ho deciso di fare un elenchino delle cose dalle quali mi piacerebbe essere liberato. Quindi, per prima cosa, ci vuole una premessa fondamentale ai fini del ragionamento e cioé chiedersi se "essere liberato" o "liberarsi da solo"? Questa é una bella domanda, da farsi, ad esempio se vogliamo un po' di consapevolezza sulla questione, quando stai spingendo e ti vengono le vene del collo grosse come calippi seduto tutto compresso sulla tazzona del cesso. In questo caso sei tu che ti liberi oppure é lei, la cacca, che ti libera andandosene giù per il tubo? Ci sarebbe da pensarci su, da fare qualche elucubrazione, qualche volo intellettuale alla Topo Gigio. Ma cosa dici mai? Che filosofia di merda. <br />
<br />
Comunque, meglio tenersi strette entrambe le opzioni, perché, come dicevano i nostri antenati "melius abundare quam deficere" e, poi, "aiutati che Dio ti aiuta". Non scartiamo perciò nessuna provvidenza, sia che arrivi da noi, sia che venga dagli altri, sia che scenda da Dio, sia che siano i Confetti Falqui. Non si sa mai, una mano aiuta l'altra, é come per le tessere del domino che, sono in piedi una affianco all'altra per milioni e milioni di chilometri e basta che tu dia un colpo alla prima, spingendola nella giusta direzione, che poi, una dopo l'altra, si ribaltano tutte, per tutti i milioni e milioni di chilometri, da qui alla felicità. Allora, mi vien da dire, se le cose da cui vogliamo esser liberati sono lì come le tessere del domino e diventano un muro che ci circonda, quello che importa é il primo colpo, dato nella giusta direzione. Il primo punto é che la verità sta nel mezzo, "in medio stat virtus", anche se il primo colpo lo devi dare tu.<br />
<br />
Sei tu, cioé, sono io, che devo decidere di dare il primo colpo alle tessere del domino che mi circondano. Nessuno lo potrà fare se non tu, cioé io. Il problema vero è che non sappiamo quanto lungo sia, questo muro costruito con le tessere del domino. Quattro metri, che ci gira intorno e basta? Quaranta metri, che ci gira intorno, ma fitto fitto. Quaranta chilometri, quaranta milioni di chilometri, quaranta infiniti? Non lo sappiamo, se lo sapessimo l'avremmo già superato, con un salto. Anche se ci mettiamo lì a contarle, le tessere del domino, non riusciamo proprio. Perché loro sono grandi come il muro di Berlino e noi siamo piccolini come formichine, siamo formichine. Non avendo idea di quante siano, queste benedette tessere del domino, i modi per affrontare la questione si riducono a tre. <br />
<br />
Il primo modo é concentrarsi su noi stessi finché, miracolo, non ci spuntano le ali, sperando nell'aiuto di qualche santo. Quando e se ci saranno spuntate le ali, ci potremo alzare in volo e, a meno che il muro non sia veramente ma veramente alto, forse potremo arrivare in cima e vedere quanto é grande il muro, quanto ci circonda e che cosa c'è intorno. Posto che abbiamo gli occhi per guardare e la voglia di farlo. Potremo anche scoprire che non riusciamo a vederne la fine. In questo caso, torneremo giù ad abbandonarci ai più cupi pensieri o proveremo a volare, volare, volare, verso qualche parte ignota del mondo? E se il mondo ignoto ci fa paura? Torniamo giù, ripieghiamo le ali, tanto non ce la faremo mai, e ci costruiamo un riparo sicuro circondati dalle nostre tessere del domino. Così rimaniamo noi, con le nostre alette, che non vogliamo usare e con la nostra paura di ciò che ci circonda. Circondati dalle tessere del domino.<br />
<br />
Il secondo modo é dare una spallata alla prima tessera del domino, quella più vicina a noi. Anche una spallata con la forza di una formichina può abbattere la tessera del domino più grande del mondo, basta volerlo fare. E poi sedersi a guardare le tessere del domino che una dopo l'altra, una colpita dall'altra si ribaltano e cadono. E noi seduti a guardare questo spettacolo affascinante che ci allarga l'orizzonte. E noi seduti a guardare l'orologio e a pensare, dopo un ora, ma quante cazzo sono queste tessere del domino. E noi seduti a guardare e a romperci un po' le balle, perché continuano a cadere tessere da tutte le parti e non finiscono più. E noi seduti a guardare con un poco di rassegnazione, dopo una settimana che cadono tessere del domino, che sono talmente enormi che ci mettono molto tempo. E noi seduti a guardare tutte le tessere cadute e il paesaggio che non cambia mai, tante sono le tessere da buttar giù e noi che pensiamo si stava meglio quando si stava peggio almeno avevamo dei punti di riferimento, con il mio muro e non questa landa desolata di tessere del domino cadute rovinosamente e che non finiscono mai. E noi seduti a guardare, anche se non vediamo più nulla perché é scesa di nuovo la sera e abbiamo gli occhi pieni di pianto perché ci aspettavamo che non fossero così tante e così immense e così lente a cascar giù. Così rimaniamo noi e le nostre aspettative insoddisfatte a farci compagnia. Nelle rovine.<br />
<br />
Il terzo modo inizia quando smettiamo di farci crescere le ali e smettiamo di pensare che in due giorni riusciamo a ribaltare tutte le tessere del domino del mondo e ci diamo qualche obiettivo, facciamo la nostra lista della spesa delle cose dalle quali vogliamo liberarci o essere liberati in questo venticinque aprile. Cioé oggi, ora, adesso, in questo preciso istante. Che magari potrebbe anche essere il sette ottobre o il quattro febbraio o il ventiquattro giugno, ma il giorno non conta. Non conta che sia "questa" giornata, conta che le nostre giornate le viviamo come le giornate della Libertà, una dopo l'altra. La Libertà dalle barriere, la Libertà dalle aspettative, la Libertà dai muri che ci costruiamo, dalle tessere del domino che sistemiamo perché siamo delle piccole Penelopi. Di giorno costruiamo i muri che ci circondano e scolpiamo le tessere del domino nel legno più duro della terra e di notte sognamo di buttarle giù e ci svegliamo con qualche tessera in meno che prontamente provvediamo a sostituire, senza perder tempo. Lasciamo spazio ai sogni, anche nelle veglie di tutti i giorni.<br />
<br />
E le cose da cui voglio liberarmi o essere liberato? E' tutto? E' niente? Dov'é il block notes, che me le scrivo?<br />
<br />
Non lo trovo, devo ricordarmele a mente. Vorrei, vorrei, no, voglio liberarmi di... no, in realtà, questo no. Allora é meglio iniziare da quando mi comporto così... ma, invece non sarebbe meglio cominciare con... ma, poi mi aiuta veramente, non sarebbe più utile pensare che sia più utile fare in questo modo e metter ordine, ma se prima non tolgo questa parte di me stesso, questo modo di pensare non riuscirò proprio a fare così e... credo sia più opportuno mettersi lì, sulla cima di una montagna a pensare... ma cosa voglio dalla vita e cosa posso dare e... accidenti, quella cosa mi serve, allora, meno male che non l'ho buttata via, non me ne sono liberato. Però, Gesù mio, a qualcosa devo pensare dopo che ho scritto tutto questo tempo, non vorrò mica averlo buttato via, tutti questi discorsi, questi pensieri, questo guardarsi dentro e fuori...<br />
<br />
Beh, se devo dirne una, vorrei cagare senza sforzo. Punto.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-25115279099758595032010-04-22T12:01:00.004+02:002010-04-25T12:35:20.787+02:00<strong>Sto morendo dentro.</strong> <strong>Ogni giorno un poco, divorato da questo male buio e difficile che si chiama depressione. Il mio medico di famiglia mi dice che la mia é una depressione endogena, una depressione, cioé, che viene dall'interno di me stesso e non é scatenata da fattori esterni, tipo un lutto, la perdita del lavoro o cose così, cose gravi che ti colpiscono da fuori. E' qualcosa che porto dentro di me, che in me vive, che in me si alimenta e che ogni tanto, a tradimento, mi colpisce e mi lascia a terra stramazzante. E' una sorta di lato oscuro del mio essere uomo, adulto, bambino che di tanto in tanto si rifà vivo, facendomi chiudere le porte che mi collegano al mondo.</strong><br />
<br />
E' una cosa difficile da spiegare, ma ancora più difficile da capire se non la si é, in qualche maniera vissuta. La depressione, almeno una come la mia, vista da fuori, vista dagli altri, sembra inspiegabile. Lo dico per esperienza, perché io stesso non riuscivo a capire come mai in persone nel fiore degli anni, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, senza problemi apparenti, si era spenta la voglia di vivere davanti ai miei occhi, così, senza ragioni visibili. Quando mi é successo di vedere da fuori queste cose, voglio dire quando é successo a me di esserne spettatore, non avendo capito una beata minchia di cosa stava succedendo, ho avuto nei confronti di queste persone un'atteggiamento che mi portava a pensare che fossero dei falliti, dei derelitti. Ho fatto quindi due cose, principalmente: gli ho giudicati e mi sono giudicato, dicendomi che a me cose del genere non sarebbero mai capitate. E questi sono due grandi sbagli. Dagli sbagli si deve e si può imparare, ovviamente, ma bisogna avere l'umiltà per farlo. E farlo subito o almeno prima possibile.<br />
<br />
Fra i primi errori che ho commesso uno é stato quello di credermi immune. Io, nonostante una autostima molto bassa che avevo di me stesso, mi sono sempre pensato invece come un essere avvolto da una sorta di magica armatura che non avrebbe permesso alle malattie del mondo di farsi strada dentro di me. Quando parlo di primi errori non ne faccio una scaletta temporale, non vuol dire che siano sbagli commessi molti anni fa o all'inizio della mia vita, ma significa semplicemente che sono i primi in ordine di importanza, almeno secondo una mia personale classificazione. Il fatto di credermi immune, di credermi superiore a certe cose, in qualche modo non mi ha permesso di costruirmi delle difese, di prepararmi a ciò che sarebbe successo, ma mi ha lasciato nudo ad affrontare un esercito di fantasmi armati di tutto punto. Se trovavo, ad esempio, in un giornale, in una rivista, in televisione, un articolo o una trasmissione che parlava della depressione la saltavo a pié pari perché non faceva parte della mia vita e non me ne interessava, giudicando che non fosse importante.<br />
<br />
Giudicare gli altri fa parte della stessa famiglia di cazzate, visto che il metro di paragone siamo sempre noi stessi. Se io giudico un'altra persona, ovviamente non posso prescindere da me stesso. E' come guardare due foto, una mia e una dell'altro o altra che sia. Confronti i vestiti, i sorrisi, il modo di porsi, lo sguardo, i capelli, le scarpe, la macchina e via pian piano tutto quello che é differente e visibile agli occhi. Il giudizio nasce partendo da impressioni, da cose leggere, di superficie, dalle prime cose visibili. Giudicando perdi la voglia e la forza di scavare dentro le altre persone, perdi l'abitudine a cercare di comprendere veramente come sono e ti limiti al come sembrano. Il guaio é che, contemporaneamente, fai esattamente lo stesso con te stesso. Ti limiti quindi alla superficie e perdi o non trovi mai la forza per andare a capire cosa c'é sotto al visibile. Laggiù dove sei nudo, dove sei te stesso e basta. E così perdendo di vista gli altri perdi di vista anche te stesso e questo é un'altro grande sbaglio.<br />
<br />
Arriva, credo per tutti, un momento a partire dal quale la nostra vita inizia a correre velocemente e facciamo sempre più fatica a tenerla sotto controllo. A me é capitato così, ma penso che sia abbastanza comune. E' stato quando ho iniziato a lavorare, ad uscire di casa, a vivere in un'altra città, ad avere una donna con la quale condividere un progetto di vita, avere una figlia, diventare adulto. La velleità di tenere tutto sotto controllo senza avere una linea guida, una coerenza, chiamiamola così. Ha poca importanza che questo sia successo a venticinque, trentacinque o quarantacinque anni. Ma arriva un momento nel quale inizi, piano piano, quasi senza accorgertene, poi a riannodare tutti quei fili dispersi di cui é composta la tua vita e ti rendi conto, almeno nel mio caso é successo così, che concretamente molti di quei fili che credevi di tenere saldamente fra le mani, le redini della mia vita, in realtà se ne andavano per i cavoli loro. Dove volevano. Ed io con loro, naturalmente. Io andavo accorgendomi di non andare dove volevo ma dove la vita, intesa come tutto ciò che ti sta intorno, mi portava.<br />
<br />
Ad un certo punto mi sono reso conto, quindi che la vita mi aveva portato dove voleva lei e non dove volessi andare veramente io. Quasi mai puoi tornare indietro, il tempo é passato, le cose sono successe e non si ripresentano più occasioni di poterle rifare diversamente. Allora inizi a fare il conto dei bivi attraverso i quali sei passato e ripercorri le scelte fatte e ti accorgi che, molto spesso, le scelte fatte sono state delle non-scelte, i mali minori, le convenienze del momento e molte di quelle cazzate lì. Nel mio caso questo é stato per me destabilizzante perché mi sono scoperto nella realtà non dove sarei voluto essere, non come sarei voluto essere, perché, forse, avrei voluto essere diverso. E un primo pensiero negativo ti fa strada nella testa, iniziando un percorso che va ad attraversare i momenti di disagio che avevo provato negli anni precedenti, le scontentezze, i dubbi, le indecisioni e tutto quel genere di cose a cui non avevo fatto molto caso, ma che adesso iniziavano a rimbombare come in una cassa di risonanza.<br />
<br />
E poi ti rendi conto, quale orrore, di non conoscerti come veramente sei e questo ti mette addosso una inquietudine bestiale. Almeno a me, credo sia successo così. Ti guardi allo specchio una mattina e ti vedi come se tu non ti fossi visto da tanti anni. Ti vedi diverso. Ti spaventi, non ti riconosci. E ti chiedi se sei tu, quella persona che vedi riflessa nello specchio. E capisci che, se non riconosci l'apparente, chissà come mai ti potrà apparire ciò che non si vede, la tua vera anima, il tuo vero io, la tua essenza. Allora, fondamentalmente, hai due strade da percorrere. Una difficile, in salita, fatta di elementi da capire, di cose di cui prendersi carico, di momenti da analizzare, di comportamenti per i quali darsi quanto meno una ragione e collocarli dentro uno schema, che sei tu stesso, che va ricostruito o quanto meno razionalizzato, per poi alla fine essere in qualche modo accettato, condiviso. La seconda, più facile, é quella di spazzare tutti i pensieri sotto al tappeto, nasconderli ed andare avanti come se nulla fosse, allontanandoti ancora di più da te stesso e da chi ti sta vicini giorno dopo giorno. Un bivio, ancora una volta.<br />
<br />
In realtà ve ne sarebbe una terza di strada, ma di questa te ne rendi conto dopo, dopo che hai percorso le prime due. Nell'ordine io le ho percorse tutte due, le strade che portano in nessun posto o nel posto sbagliato. Per prima cosa ho messo tonnellate di polvere sotto al tappeto, milioni di pensieri dentro i cassetti, dietro le porte, persino nell'anima dei rotoli di carta igienica. Ho nascosto tutto ciò che non mi piaceva, ho fatto finta che non esistesse nulla al di là di ciò che volevo credere di volere. Continuare a vivere come se niente fosse, se la malinconia non esistesse, andando al di sopra delle righe. Ci sono molti modi per andare al di sopra delle righe, ognuno ha i suoi e credo che non sia importante farne una classificazione, perché ognuno di noi ha le sue strategie per mentirsi e per tradirsi. Chiaramente questa strada ti porta nel posto sbagliato, i pensieri negativi che si insinuano nella nostra mente continuano ad insediarsi e a prendere spazio. Piano piano, fino a che non crolli e non hai più spazio, dentro di te, dove nascondere ciò che non vuoi. E nel frattempo, comunque, non sei te stesso, neppure con te stesso.<br />
<br />
Allora prendi la seconda strada, quella della razionalizzazione, della catalogazione, quella del cervello. Un percorso così faticoso, da archivista, che, purtroppo, non ti porta in nessun posto. E' inutile ricollocare il passato se non pensi all'oggi. Dopo milioni di anni che lo fai ti rendi conto che provi a dare delle risposte razionali a problemi che razionali non sono, che é come se tu cambiassi la disposizione dei mobili in casa solo perché i mobili ti fanno schifo. Ma un divano che fa schifo davanti alla televisione ti continua a far schifo anche se lo metti sotto la finestra. Il problema non é dove é il divano, ma il divano stesso. Se non lo cambi lo puoi mettere dove vuoi ma ti continuerà a far cagare. Lo stesso con noi stessi. Invece di nasconderci, proviamo a cambarci. Cambiamo look, cambiamo interessi, ci iscriviamo in palestra, ai corsi di inglese, andiamo ad un happy hour, frequentiamo gente nuova, facciamo qualsiasi cosa, pensando bene a cosa fare e come farlo, ma in fin dei conti siamo sempre noi, con le nostre facce sconosciute anche a noi stessi. Questa seconda strada é una sorta di regressione. Far finta di essere diversi, ma con l'ardire di volere essere noi a condurre la danza della diversità, anziché farcela condurre dalla vita. Ma é poi così diverso veramente?<br />
<br />
Così, in quanto tempo e per quanto tempo non conta, ho percorso queste due vie che non portano in nessun posto, che non portano verso me stesso, ad una vera consapevolezza di cosa sono e di cosa vorrei essere. Sono strade che non hanno nome, come nel pezzo degli U2, strade che non portano da nessuna parte. Non ha nessuna importanza per quanto tempo percorri queste vie senza nome, un giorno o un secolo sono comunque troppo, l'importante é che a un certo punto ti fermi e ti chiedi dove vai, cosa stai facendo e chi c'é con te, soprattutto se ci sei tu o ancora un altro al tuo posto. Finché percorri le vie senza nome in pratica muori dentro ogni giorno un poco di più e io sto morendo dentro ogni giorno un poco. Sto morendo nascondendomi o schematizzandomi. Sono due facce della stessa medaglia.<br />
<br />
L'altra strada, la terza, é quella del prendere atto e del vedersi come si é e non come ci si vorrebbe vedere, E' la strada che rifiuta il nascondino e gli schematismi, la strada dove qualcuno ti prende per mano e ti guida fuori dalle strade senza nome. Dove quel qualcuno che ti prende per mano alla fine non può essere che te stesso.<br />
<br />
La prima cosa é chiedere aiuto. Rendersi conto di avere bisogno di aiuto e chiedere aiuto é un passo enorme come l'universo. Almeno per me é così. Nonostante siano anni che chiedo aiuto, subliminalmente o esplicitamente, farlo consapevolmente é tutta un'altra cosa. E' essere umili, non essere deboli. Chiedere aiuto non é un segno di debolezza, ma di forza. Si fa molta fatica a chiedere aiuto. Ci si vergogna, ma non ci si dovrebbe vergognare. Bisogna forzarsi un poco all'inizio, ma se ti trovi nel labirinto delle strade senza nome e non si hanno punti di riferimento, allora l'unica cosa é trovarne. Bisogna sforzarsi di trovare questi punti di riferimento, che, per forza di cose e per la loro essenza, sono fuori di te. Sono fuori dalla mente che vaga nelle strade senza nome. Sono altro, é Dio, sono gli angeli, sono gli amici, sono i professionisti, sono le medicine, sono le persone che ti amano, sono tutto quello che ti può far vedere le cose con occhi diversi, visto che i tuoi occhi si sono abituati alle facili e difficili rutilanti luci delle strade che non vanno da nessuna parte.<br />
<br />
Sono come il binario nove e tre quarti di Harry Potter, che é lì, ma gli occhi abituati ed abitudinari dei passeggeri normali dei treni della vita, quei treni che non vanno in nessun posto, non riescono a vedere, né tanto meno trovare. Magari sanno che esiste, forse, ma senza qualcuno che ti aiuti a capire come si fa non possono arrivarci. Oh, non é che una volta che hai trovato il binario nove e tre quarti tu poi sappia ritrovarlo ogni volta. La depressione é come l'ottovolante di Mirabilandia, va e viene. E comanda lei. Io credo che la depressione sia uno stato mentale, una forma, un vestito, un bozzolo. Non é che se la capisci la eviti, riesci a non farti trovare e smetti di morire un poco ogni giorno. Purtroppo non è così e non sarà così. Te la porterai dietro tutta la vita e farà parte del tuo bagaglio di esperienza, di conoscenza e di consapevolezza e non ti lascerà mai. Il che non é sostanzialmente negativo, a patto di essere sempre te stesso.<br />
<br />
Cosa c'é di meglio di aver provato la fame per comprendere quanto é bello mangiare, quanto é buono mangiare e quanto é utile dividere il mangiare con qualcun altro. Cosa c'é di meglio di aver provato la sete per essere consapevoli di cosa significa bere, di cosa significa darsi la vita, darsi la possibilità di vivere. Cosa c'é di meglio di essere stati depressi per godersi un raggio di sole, per dare valore a quelle piccole e grandi cose che la vita ci mette a disposizione. Anzi, nel momento in cui non mi dovessi più accorgere di quanto é bella la vita, vorrei urlare benvenuta a te depressione che mi fai star male ma che poi mi fai capire di quanto è meraviglioso ciò che mi circonda. L'importante é avere se stessi, essere se stessi. Essere ciò che si vuole essere, non essere ciò che il mondo ti porta ad essere. Avendo sempre presente che cosa si é e di che cosa si ha bisogno. Cioé di niente, a pensarci bene. <br />
<br />
Io sto morendo dentro, ogni giorno un poco. A pensarci bene ne dovrei essere felice, perché la mia vita, quella che rimane, acquista significato, acquista valore. Sto difendendo la mia vita, me stesso, con le unghie e coi denti, anche se sono tanto debole. Ma più sono debole e più probabilmente sono forte, più sono umile e più sono forte. Più per il mondo sono sfigato più io mi sento rinforzato. Più ho i miei cari, più ho i miei amici, più ho persone da amare e meglio sto. Anche se mi costa passare attraverso un pezzo di morte, tutti i giorni.<br />
<br />
Io non sono il mondo, io sono Guglielmo Maria.<br />
<br />
E voglio bene a me, mi amo, con tutti i miei difetti. E voglio bene, amo, tutte le persone che mi stanno vicino e hanno anche la pazienza ed il coraggio di aiutarmi, ognuno a suo modo. E se io non perdono me stesso, nel senso di perdonare non di perdere, perdono tutti, nel senso di perdere e non di perdonare. Tutti quelli che mi hanno fatto del male ma che grazie a quel male mi hanno fatto capire cosa c'é di veramente importante nella mia vita, mi hanno reso più consapevole. Più umano, meno automatico, meno falso, meno schematizzato. E tutte le volte che la vita mi fa salire sull'ottovolante della depressione e mi fa star male, dopo ogni giro penso che ne uscirò rafforzato e più é dura e più ne uscirò forte.<br />
<br />
Aiuto, ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di aiuto per poter dare aiuto. Ora più che mai. <br />
<br />
Un'abbraccio universale a tutti quelli che sono arrivati fin qui, con me o che ci arriveranno. Prima o poi.<br />
<br />
Si può solo migliorare.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-8705817834670685582010-04-20T01:22:00.004+02:002010-04-20T01:31:41.782+02:00<em><span style="color: red;"><strong>Avviso ai naviganti: questo post potrebbe essere vietato ai minori. </strong></span></em><em><span style="color: red;"><strong>Il contenuto, comunque, é rigorosamente vero. GM</strong></span></em><br />
<br />
<div style="text-align: center;"><span style="color: #444444;">***</span></div><span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Poco fa, razzolando nel mio account di Shinystat, il contatore web che mi dà qualche statistica gratuita relativa al blog, ho trovato delle cosette carine che riguardano chi capita qui per caso. Siccome durante la settimana disgraziata che é appena finita non ho avuto una gran vena di "scrittore" e mi si é rinsecchita un pò l'ispirazione, per colpa di alcune sfortunate circostanze che non vogliono saperne di passare, queste cosette bizzarre mi danno il destro per scrivere qualcosa per tener vivo il blog in modo istruttivo e curioso. Istruttivo e curioso per me che tengo il blog, ovviamente. Ma, forse, anche per chi lo legge.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Fra le statistiche disponibili nel contatore web, sappiate o voi che leggete, ci sono anche le chiavi di ricerca che sono state utilizzate, ad esempio, in un motore tipo Google o Yahoo e attraverso le quali qualcuno, che non viene comunque identificato, arriva a queste pagine. La chiave di ricerca più utilizzata - a pari merito con un'altra di cui parlerò un pò più avanti nel post - é semplicemente "Guglielmo Maria". Vuol dire che digitando il mio nome e e facendo la ricerca, fra i risultati compare, evidentemente, anche l'indirizzo del blog. Sarà stato magari per pura curiosità che qualcuno abbia poi cliccato sul link e abbia fatto l'accesso al blog. L'alternativa sarebbe che questi soggetti mi abbiano sognato di notte e che poi mi abbiano cercato su Google di giorno. Ma non ci credo molto, mi sembra molto fantascientifico, anche se un tantino affascinante. Comunque ben due persone sono arrivate qui, digitando "Guglielmo Maria", e tant'é.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Una terza persona ha cercato "il diario di Guglielmo Maria", quindi voleva trovare proprio questo blog, credo. Strano, ma vero. Forse sarà stato il passaparola e la cosa in fondo non mi dispiace.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Una quarta persona ha cercato "una giornata senza pretese recensione" e sicuramente si riferiva alla canzone di Vinicio Capossela da me citata in uno dei post. Immagino la delusione di chi, anziché trovare un parere illuminato di un critico musicale, si é trovato davanti ad uno dei miei sproloqui. Pazienza, nonostante lo choc sarà sopravvissuto, ci saranno delusioni più grandi, nella vita.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">La quinta persona cercava "Maria Guglielmo psicologa" e chissà perché, poi ha cliccato sul link del blog. Mi auguro che avesse bisogno di un pò di ironia da sciogliere su una depressione. Chissà se sono riuscito a strapparle almeno un sorriso. Del tutto gratuito, in questo caso. Qui non si va a tariffa, offro io.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Una sesta persona mi ha trovato digitando una frase poetica come "ho sognato dei fiori bellini di un bel rosso". Per mettere due volte la bellezza in una frase sola evidentemente la cercava proprio. Chissà cosa aveva fumato.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Una settima persona ha cercato "vecchia signora dai fianchi un pò molli ama vestirsi di vento e di sole". Se quella di prima si era fatta una canna normale questa si é fatta una ciminiera intera. Non oso infatti pensare ad una perversione sessuale del tipo mi piacciono le anziane flaccide nude nei campi che prendono il sole mentre tira il vento... meglio dare la colpa al fumo, và.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">L'ottava, la nona, la decima e l'undicesima persona hanno fatto ricerche nel campo medico sanitario, con qualche lieve accenno, anche qui, di probabile perversione sessuale. Le chiavi di ricerca usate da questi soggetti sono state "fortissimi pruriti alle caviglie e polpacci", che ci stà, "dermatologa vergogna" che ci stà anche questa (l'ho provata personalmente) e, udite udite, "senza mutande dalla dermatologa". Quest'ultima chiave é stata usata ben due volte, come "Guglielmo Maria". Delle due, l'una. O era la stessa persona che non convinta ci riprovava, oppure più soggetti sono alla ricerca di un incontro senza mutande con una dermatologa. Vista l'ampiezza statistica del campione la cosa non mi lascia proprio indifferente. Per le dermatologhe, ovviamente, ma anche per le malattie veneree.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">La dodicesima persona poteva essere un buongustaio, uno chef in cerca di ispirazione o qualcuno che voleva prendere l'amante per la gola. E' arrivata qui digitando "come si fa il salmì con la milza". Non so spiegarmi come un motore di ricerca abbia potuto portarla su questo blog. E'vero che ho nominato in un post la milza, ma il salmì mai. Tra l'altro, solo a pensarci, la milza in salmì mi fa un pò schifo.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">La tredicesima é probabilmente una vera assatanata, maschio o femmina che sia. </span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;"><em>Qui dovrei fermarmi e mettere un'avvertenza del tipo "attenzione la lettura potrebbe urtare la vostra sensibilità. Se volete proseguite fatelo a vostro rischio e pericolo bla bla bla"</em>.</span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Quando ho letto l'ultima chiave di ricerca non volevo crederci, ma qualcuno ha cliccato il mio blog per trovare "foto porno di donne che si infilano una mano nella vagina"... </span><br />
<span style="color: #444444;"><br />
</span><br />
<span style="color: #444444;">Vai tu a fidarti di Google.</span>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-27228461817743928092010-04-12T17:17:00.000+02:002010-04-12T17:17:17.838+02:00<strong>Domande, risposte. Domande, risposte. Domande? Risposte? </strong><strong>Oggi ho l'umore in fibrillazione, va giù, va su, torna giù, resta giù, poi s'innalza, rotea attorno ad un punto, vola, si abbassa, plana, sembra che atterri, atterra, si posa, prende la rincorsa, salta, apre le ali, vola, cade. Ahi! Son caduto dall'alto. Cavolo! Che sberla...</strong><br />
<br />
E' incredibile davvero, che sensazione, non c'é un attimo di respiro, si salta come un canguro, sembra un ottovolante. Sembra il Katun a Mirabilandia, si parte, si alza, pian piano raggiunge la cima, si ferma, respira, si lancia, si butta, prende velocità, si arrotola, si rigira, si rigira ancora, sembra che si alzi invece si abbassa, sfiora la terra. E si rialza, si rilancia, si ricicla. Così, in una sequenza senza fine, senza giorno e senza notte, senza pace, come un cavatappi, gira. Frulla, rimbalza, prende, parte, torna, va, rimane. E non sei neanche legato, sei senza cintura di sicurezza. Aiuto!<br />
<br />
Il mio umore oggi é una cosa misteriosa, che segue leggi tutte sue, indifferenti al resto del mondo e, quel che é peggio, sconosciute anche a me che mi faccio trascinare come un pupazzo, come una banderuola, come una girella che ci indica da che parte soffia il vento, come una vela che si gonfia, si sgonfia, si rialza, si riabbassa, si sistema e si perde. Il mio umore é come il cuore e non viene comandato dal cervello, anche se dal cervello nasce. E, nel cervello, muore. E rinasce, e rimuore, come un serpente che si morde la coda. A forza di mordersi, morde anche se stesso e si mangia. Tremendo... e se ci penso sto tremando.<br />
<br />
Guardami, mi vedi con i piedi al posto della testa, con lo stomaco al posto del cuore.<br />
<br />
Il bello é che quando l'umore vuole, si fa notare. Allora ti chiama, si mette davanti, si mette in posa, si impegna. Sorride. Apre le braccia, richiama, gioca.<br />
<br />
Il bello é che anche quando non vuole si fa notare lo stesso, ma lo fa con le lacrime. Saranno le lacrime, sarà il sale che mi entra in bocca a risvegliarmi. Sarà l'amaro delle lacrime a darmi uno scossone, a dirmi che non si può andare avanti così. Eppure c'è una sorta di autocompiacimento, una sorta di autocompiangimento, una sorta di autocomponimento. Un pianto. Oppure un canto? Tutto fa rima, tutto torna, tutto rinasce, tutto risorge. Per poi ricadere nella palude, nella nebbia, nella stagnazione dei desideri, nelle veglie notturne, nei pensieri che si attorcigliano, uno sull'altro, uno dentro l'altro, uno sopra l'altro, in una spirale senza fine, come le vertigini che mi prendono, mi scuotono e poi mi lasciano lì, esattamente dov'ero.<br />
<br />
Tutta questa fatica per non muoversi di un millesimo di millimetro, di un miliardesimo di infinitesimo di movimento? Tutta questa fatica per partire e ritornare, per muoversi verso qualcosa e poi scoprire di non essersi spostati neanche di un micron. Possibile? Possibile che l'esperienza non insegni, che le forze che ti prendono non riesci ad interpretarle, come i battiti del cuore che il cervello non governa. Che il cervello non spiega, che se prova a tradurle, a renderle leggibili diventano così impossibili da capire? Cosa c'é che non funziona, che non va, che non si rende esplicito o quanto meno un pò leggibile? Ma perché, perché dobbiamo sempre voler dare una spiegazione a tutto? O, quantomeno, ci proviamo e se non ci riusciamo ci sentiamo monchi, incompleti e stanchi, perché é una gran fatica, come si diceva.<br />
<br />
Allora mi chiedo quale sarebbe il mio sogno, il mio desiderio, come sarebbe la mia vita, come vorrei che fosse. Un poco più semplice, un poco più netta, certamente più stupida, ma senza grigi, senza variazioni di colore, senza intermedi. Meno sensibile, più sciocca, forse. Meno convulsa, più lineare. Ne ho colpa io se sono fatto così? Forse sì. Forse no. Bella domanda, bel modo di passare il tempo, bel modo di buttare il tempo. Non sarebbe molto più facile dire che me ne frego? Potrei fregarmene veramente? Perché dietro ad ogni domanda non c'é mai una risposta ma delle altre domande? Eh già, perché?<br />
<br />
Prendersi il tempo per andare a trovare un amico, parlare con qualcuno che ti ascolti, rilassarsi, stare a cuore aperto. Magari mettersi lì a chiaccherare con un'amica, di cose così, non importanti, ma fondamentali. Passare una giornata a far finta di essere un turista, in giro per la città, godersi l'attimo, parlando inglese, come suggeriva Lucio Battisti, seduti al tavolino di un caffé all'aperto. Perché... pensare sempre al dopo, conviene? E pensare sempre al prima, ha qualche ragion d'essere? Tanto stiamo qui, ora, così. Che casino, che confusione. O mio povero cervello, o mio povero cuore. Un giorno smetterò di pensare, pensare, pensare. Sarà la pace o l'oblio? Chissà, cuore mio. Sarà la pace o l'oblio? Chissà, cervello mio. Chissà, povero me, chissà. Chi lo sa, da che parte va, il mio umore? <br />
<br />
C'é tranquillità da qualche parte dentro me? C'é un rifugio per me che sono stanco, tanto stanco? Vorrei aprire le ali e volar via, volar sul mondo e vedere le cose da lontano, così che tutto sembri piccolo, compreso il mio cuore. Lui é la cosa più piccola dell'universo ma batte e fa tanto rumore come mille atomiche, brilla e fa tanta luce come mille stelle. Se mi allontano, se lo guardo da lontano tutto sembra si rimetta a posto, come i pezzi di un rompicapo, come i troppi pensieri confusi, come i granelli di sabbia che se sei piccolo ti sembrano tanti mondi ma che se sei enorme le stringi nel pugno della mano e li fai volar via, lanciandoli in aria. Ecco.<br />
<br />
Un bel respiro e soffiamoli via, come foglie al vento, tutti questi pensieri stronzi. E proviamoci, a godercela, questa vita, che é l'unica che abbiamo. Ci vuole tanto? <br />
<br />
Mi sa di no, ma anche di sì... che confusione. <br />
<br />
Oggi, é proprio un gran casino, ma domani sarà diverso... domani apro le ali e volo via, me lo prometto.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-24024767031610643592010-04-10T06:11:00.006+02:002010-04-10T16:52:10.244+02:00<strong>Insonnia jazz. Stanotte é la notte dell'insonnia jazz, sono le quattro e sono qui a scrivere chiuso nella mia stanzetta, isolato dal mondo dalle cuffiette che giocano a tennis passandosi delicatamente un cd degli Steps Ahead da un orecchio all'altro. Siccome non dormo mi faccio coccolare un pò dal sax, dal contrabbasso e dalla marimba, con una bella base di pianoforte, tanto per gradire.</strong><br />
<br />
Mi sono svegliato già più volte, stanotte. La prima volta perché ho sognato di dare dei calci a qualcuno non meglio identificato, probabilmente un collega di lavoro, visto che ne ho sognati due o tre. Ero così impegnato a calciare che le gambe, vincendo la resistenza naturale del cervello, si sono mosse da sole, i piedi sono partiti verso l'esterno e mi sono ritrovato a sedere, sveglio, dopo aver colpito l'aria che sta a fianco al comodino, quella che puzza sopra le ciabatte. O meglio quella che sta sopra le ciabatte che puzzano. Meno male che non ero girato dall'altra parte, altrimenti avrei colpito la povera Mrs.K. che russacchiava beata nella sua incoscienza post-moderna.<br />
<br />
La seconda volta mi sono svegliato per una fitta alla milza. So che é la milza perché me la sono andata a cercare sul dizionario. Il fegato sta a destra, la milza a sinistra. I coglioni stanno in mezzo, proprio come me, fra fegato e milza, fra cuffietta e cuffietta, fra sax e vibrafono. Mi chiedo se la fitta alla milza sarà stata colpa della pizza che ho mangiato ieri sera, la mitica pizza del venerdì sera, quella leggera, con la pancetta, il grana e la cipolla rossa, tutte cosette che, a distanza di ore, mi navigano ancora nello stomaco affrontando una tempesta di succhi gastrici. Che, detto per inciso, stanno nel mezzo anche loro. Nel mezzo dello stomaco, vita acida nel mezzo del cammin di nostra notte.<br />
<br />
La terza volta, che poi ho detto basta e mi sono alzato, é stata perchè in sogno avevo trovato un paio di occhialini tondi con due monete da un euro al posto delle lenti. Io ero senza occhiali e ho visto, non so come, quelli per terra, mi sono chinato a prenderli e me li sono messi e mi stavano benissimo. Peccato che non si vedeva un kaiser, ovviamente. Onde per cui (cazzo... che bello l'onde per cui) prima ho iniziato ad annaspare, allungando le braccia e le mani per evitare gli ostacoli e poi, preso dalla paura di andare a sbattere ho aperto gli occhi, ma per davvero e mi sono risvegliato tutto agitato. Chissà, sarebbe stato diverso se me li fossi tolti, quegli occhiali da due euro? Ai posteri l'ardua sentenza.<br />
<br />
Fatto sta che, sveglio per la terza volta, ho deciso di impegnarmi in una tecnica alternativa anziché starmene nel letto a girarmi e rigirarmi in un silenzio assordante, lancinato dagli acufeni. Sì, ho anche quelli, ma non ditelo a nessuno, per favore, che poi passo da ipocondriaco. Questa settimana ho avuto le mie solite vertigini, puntuali come un ciclo mestruale, la mia nausea ricorrente ma in forma leggera, per fortuna, che non ho mai vomitato. Ho avuto un mezzo attacchino di paura, mercoledì mattina, quando mi é girata la testa in macchina mentre stavo portando la piccola fragola dalla nonna. E ho avuto una grossa rottura di coglioni, rimanendo sdraiato al buio due mezze giornate con la testa leggera e lo stomaco sottosopra. Praticamente non mi sono fatto mancar niente, in questa bella settimana.<br />
<br />
Così, al terzo risveglio, numero perfetto, mi sono alzato, ho preso armi e bagagli, braghe e felpa, ho bevuto quasi un litro d'acqua per colpa della pizza, questo sì, e mi sono diretto in fondo a sinistra, al pc, al blog, alle cuffiette, al mio notturno jazz. Non é male ascoltarsi un'improvvisazione jazz, ti ispira molto un'improvvisazione blog, un'improvvisazione da insonnia, un'improvvisazione improvvisa, piccoli passi di corsa fra le percussioni del vibrafono, grandi stimoli di lievi colori, stelle notturne che improvvisamente esplodono, implodendo. Paradossi della musica.<br />
<br />
Intendiamoci, a quest'ora meglio ascoltar qualcosa che navigare fra siti porno. Quella sarebbe un'altra alternativa, ma la lascio volentieri a chi non riesce a dormire per i sogni o per gli incubi sessuali, a seconda dei gusti. Se dovessi inseguire via web le tracce della gnocca garantisco che non avrei la stessa soddisfazione che ho a stare qui, ascoltando Michael Brecker, Eddie Gomez & Mike Mainieri ad occhi chiusi e perdermi nelle stanze del castello della musica. Se la musica non esistesse, credo che non esisteremmo neppure noi, penso che sia connaturato nel divino della nostra natura umana, l'ascolto della musica. Anche senza la gnocca non esisteremmo, ma per ora, almeno, é una questione di priorità, ovviamente. C'é molta gente che senza il sesso proprio non sa stare, a giudicare dall'offerta che c'é in giro. Naturalmente questo é molto meglio per le professioniste del sesso, però a pensarci bene è molto triste, perché ce ne sono tante sfruttate e non tutte sono libere imprenditrici e poi l'amore non dovrebbe essere pagato.<br />
<br />
Se adesso guardo fuori dalla finestra vedo il buio, rotto dalla luce di qualche lampione, qui e là. Sono le cinque, il che vuol dire che sono almeno novanta minuti di veglia notturna, fra musica e pensieri, fra parole e sentimenti, fra colori e stupori. Già, stupori. Non avevo mai notato e di questo mi stupisco di come i camini delle case riflettano la luce dei lampioni. Se li guardi bene, vedi i tetti tutti scuri, regni dei gatti bigi della notte, ma i camini sono più luminosi, come piccole fiammelle. Rimbalzano l'arancio dei lampioni oppure vivono di luce propria? Non é una brutta domanda, per le cinque del mattino, potrei farla anche a me stesso, se non avessi niente di meglio da fare. Per fortuna ora sto seguendo, nel bel mezzo del cervello, una gara indiavolata fra pianoforte e contrabbasso che mi permette per un attimo, lungo come una vita, di dimenticarmi per un pò delle mie sfighe presunte senza aggiungerne altre.<br />
<br />
La scorsa estate mi sono letto un libro che consiglio vivacemente a chi é curioso di natura, come me. Si intitola "Viaggio straordinario al centro del cervello" di Jean-Didier Vincent ed é edito da Ponte alle Grazie, nella collana "saggi". E' stato pubblicato in Italia nel 2008, quindi quasi certamente se ne trovano ancora delle copie in giro. Ogni tanto mi torna in mente, perché, fra le mille cose, parla anche del dormire, che come quasi tutto del resto é un'attività gestita dal cervello. Io lo so perché un libro che spiega come dormire mi torna sempre in mente quando non dormo, anche se sembra un poco masochista, quasi come pensare ad un'altra prugna se hai fatto voto di fedeltà coniugale. Mi viene a mente perché ci sono i nove comandamenti, i comandamenti di Espié.<br />
<br />
Confesso di non sapere chi sia questo Espié, ci sono imbalzato sopra leggendo il libro di Vincent, ma deve essere un manico del sonno e delle malattie del sonno, se é stato in grado di dettare nove comandamenti sull'argomento. Ad uso e consumo di chi, come me, ogni tanto soffre di insonnia ve li riassumo e commento, poi se volete approfondire vi comprate il libro e leggete le pagine dalla settantasette alla centodieci e Ponte alle Grazie vi ringrazierà. Non so neppure se sono in ordine di importanza, ma probabilmente non é importante, l'importante sarebbe riuscire a dormire, cosa che potrebbe venire naturale proseguendo la lettura di questo post.<br />
<br />
Bene, eccoli. La premessa é non prendere sonniferi, neppure ora.<br />
<br />
Primo: "<em>Và a letto solo quando hai molto sonno e non per abitudine</em>". Già qui avrei da dire, caro Espiè. E se non hai mai "molto" sonno, ma hai sonno e basta? Perchè quell'aggettivo, per preoccuparci? Comunque mi sembra una regola piuttosto ovvia, se hai molto sonno vai a letto, che cazzo vuoi fare d'altro?<br />
<br />
Secondo: "<em>Spegni subito la luce</em>". Ovvietà bis? Hai molto sonno, vai a letto e che fai? Spegni la luce...é solo buon senso. O no?<br />
<br />
Terzo: "<em>Non leggere; non guardare la televisione</em>". Se Espiè conoscesse la TV italiana, forse scriverebbe il contrario. E, in ogni caso, a luce spenta é dura leggere, a meno tu sia cieco, ma sarebbe un'altra storia.<br />
<br />
Quarto: "<em>Se non ti addormenti dopo venti minuti, alzati e và in una altra stanza finché non ti viene di nuovo sonno</em>".<em> </em>Geniale. Una volta ho puntato la sveglia per capire se dopo venti minuti dormivo già. Dormivo.<br />
<br />
Quinto: "<em>Puoi ripetere il comandamento numero quattro tante volte quante ne avrai bisogno</em>". Figo. Una bella scusa per non dormire, ma giustificati. E se chi dorme vicino a te si rompe le balle di tutto quell'alzarsi, coricarsi, alzarsi, coricarsi... Secondo me Espié é single.<br />
<br />
Sesto: "<em>Svegliati sempre alla stessa ora</em>". E' un ossimoro. Se non dormi come fai a svegliarti? Misteri misteriosi di Martin Mystere.<br />
<br />
Settimo: "<em>Non fare pisolini pomeridiani</em>". Giusto. Chi é causa del suo mal pianga se stesso. Ma difficile, se non hai dormito la notte, molto difficile.<br />
<br />
Ottavo: "<em>Non dormire di più per recuperare una mancanza di sonno precedente</em>". Mah, mi sembra una rivangata del sesto, tutto sommato. Caro Espié, qui potevi sforzarti di più. Comunque logico. Stringente.<br />
<br />
Nono: "<em>Segui questi comandamenti per più settimane, e ricomincerai a dormire</em>". In gergo tecnico si chiama "pararsi il culo", caro Espié. Così, se non funziona, puoi sempre dare la colpa a qualcun'altro, nell'indeterminatezza delle "più settimane".<br />
<br />
Ah... in questo momento ho in cuffia un'acustico di Sergio Caputo, "Un'anima in pena". Che strano il destino, ti ricorda sempre le cose giuste al momento giusto, niente avviene per caso. Infatti sono le sei e dieci, tra poco pubblico il post e andrò a prepararmi un buon caffè, che è iniziata la giornata.<br />
<br />
Bonjour a tout le monde, l'insonnia jazz ha colpito ancora.<br />
<br />
<em><span style="color: red;">Colonna sonora consigliata: "Steps Ahead" (1983) e "A tu x tu" di Sergio Caputo (2006). GM</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-85292673523331914602010-04-03T23:22:00.006+02:002010-04-04T09:18:31.472+02:00<strong>Mentre scendevano le seconde ombre di una tiepida serata primaverile, insieme a Jonny Whitening, quello del dentifricio, sono partito da Gran Burrone per la zona universitaria di Fast City, la metropoli tentacolare, l'ombelico del mondo, il centro della terra, la vecchia signora dai fianchi un pò molli che ha, per dirla come Francesco Guccini, il seno sul piano padano ed il culo sui colli e, aggiungerei io, un odore di kebab sotto le ascelle, essendosi persi la mortadella ed il salame per strada.</strong><br />
<br />
Io non stavo più nella pelle, eravamo diretti al concerto di Sergio Caputo, lui, proprio lui, l'eroe della mia post-adolescenza, l'uomo le cui cassette ascoltavo in macchina salendo e scendendo per l'appennino, l'uomo le cui canzoni avevo imparato a memoria e mai dimenticate, l'uomo che mi aveva regalato notti di libidine fra night e sabati italiani, fra astronavi che arrivavano, Garibaldi innamorati ed Hemingway caffé latini. Erano ventisette anni, giorno più, giorno meno, che il mio cuore musicale innamorato aspettava solo l'occasione di conoscere l'uomo della sua vita, alla faccia di Jonny Smiths.<br />
<br />
La serata prometteva bene, anche la notte era bella, con una gran luna. Eh, già, l'hai vista tu la luna a Marechiaro? L'ho vista anch'io, ma sopra Gran Burrone, era una luna sciantosa, tutta pronta, che sembrava un angelo svolazzante fra i tavoli di un caffé concerto e abbiamo pure chiaccherato, come nel pezzo dell'astronave. Io e la luna, intanto che andavo a prender Jonny Whitening, abbiamo anche cantato e diviso un bicchiere di tequila, anche se Sergio non la beve più, facendo un coretto con sette gatti neri.<br />
<br />
Arrivando a Fast City, come al solito il primo problema é il parcheggio. Infatti dalle otto di sera Sirio si ammoscia, perché si accende la stella, allora tutti, noi compresi, si entra nella zona a traffico limitato in cerca di un posto dove mollare auto e bagagli. Il traffico è limitato nel vero senso della parola, perché ci sono poche macchine in giro. In effetti sono tutte parcheggiate, anche una sopra l'altra, una sotto l'altra, una a fianco all'altra, come in un'orgia motoristica dove, se non stai attento, un pistone ti si infila nello scappamento perché ha trovato un buco libero. Per evitare il tutto allora si va nel multipiano sotterraneo, quello sotto alla piazzola, circondato da tossici e ubriaconi, che pisciano dentro i tombini o almeno ci provano. Ah, Fast City! Regno del romanticismo bohemienne!<br />
<br />
Arrivati a Fast City, dopo aver parcheggiato aprendo un mutuo a favore del padrone del multipiano, come al solito inizi a camminare sotto i portici. I portici sono una applicazione multimediale, infatti hanno molti usi, tipo zona ciclabile sregolata, rimessa di motorini e pista da sci per lo slalom fra gli stronzi. I portici sono una peculiarità di Fast City, che non ne potrebbe fare a meno, visto che ci si fa tutto. Nell'ordine potrebbe capitare di trovarci gente che dorme, gente che fuma, zombie, qualcuno che caga, due che si incazzano, tre ragazze con la cresta stile punk-rock con un lucchetto nel naso, qualcun'altro che gira con l'oca di fuori, un barbone che si mette a posto i cartoni, un finto prete ed una finta suora in libera uscita che vanno ad una serata sadomaso, una fila di negozi pakistani e una trama continua di graffiti colorati sui muri, sulle serrande, per terra che aumentano sempre di più man mano che ti avvicini alla zona universitaria.<br />
<br />
La zona universitaria, per uno della mia età, é un colpo al cuore, ma dato bene. E' piena di figa e questo già basterebbe. E' piena di volantini sui muri, piena di scritte, piena di librerie, piena di negozietti, piena di caffè coi tavolini. E' piena dei pensieri di mille anni fa, dei sorrisi di mille anni fa, degli amori di mille anni fa, come una scatola di latta nella quale tieni le vecchie foto che ingialliscono e col tempo diventano più belle e con loro sembrano più belli quelli fotografati sopra. La zona universitaria é un concentrato di pomodoro, una specie di ortolina dei ricordi. Tutte le volte che ci ritorni inizia la litania di "ti ricordi quello, ti ricordi questo, ti ricordi lì che c'era il cinema porno e adesso ci sono dei mini appartamenti" e ti si molla la lacrimuccia, salata come la vita. Meno male che poi, come Dio vuole, arrivi al caffé dove suona Sergio e allora dimentichi tutto e ti tuffi nell'atmosfera modaiola e metropolitana.<br />
<br />
Il locale sembra un grande utero, con le sue tube di Falloppio al posto giusto e le ovaie al posto dei cessi. Alla porta c'é un buttafuori abbronzato, molto glamour, che fa tanto grande Mela, e questo già basterebbe. Se lo guardi da fuori il personaggio sembra immobile come una sfinge tanto che pensi faccia parte dell'arredamento del locale ma, come apri la porta, cortesemente ma fermamente ti chiede dove cazzo vai in maniera educata. La parola magica é "abbiamo prenotato" e allora puoi entrare in questa sorta di vagina rossa, molto chic, poco choc e abbastanza figaiola, dove il primo appuntamento ce l'hai con un altro tipo dietro ad un leggio che controlla sul libro dei salmi se il tuo nome compare fra gli eletti, fra quelli che, fra poco, vedranno concepire e nascere la musica dal centro del mondo. <br />
<br />
Qualche bigliettone dopo io e Jonny eravamo appollaiati su due sgabelli, al banco del bar, ma con vista palco. La situazione faceva tanto "io e rino" e la notte era ancora giovane, cosa desiderare di più, in quel momento quasi storico? Il primo giro, servito da un barman abbronzato e pure lui molto glamour é stata una Becks ed un rosso di Montepulciano, con annesse patatine, olive, cazzeggio vario e sguardi incuriositi nel locale per vedere se, fra tanta gente, ci fosse qualcuno di conosciuto. La prima oretta passò via così, a piccoli sorsi, a piccoli sguardi, a piccole parole perdute fra la gente che mangiava, beveva e si godeva la serata, in attesa dell'arrivo del nostro eroe, lo chansonnier. Qualche commento sulla passera e la birretta andava giù e si mescolava coi ricordi, tra muri dipinti e bottiglie di vino, aperitivi e cocktail, scaloppine e insalate e gnocche che se la tiravano solo perché avevano la schiena nuda ai primi di aprile.<br />
<br />
Alla sua ora, finalmente sentiamo aprirsi la porta e vediamo il buttafuori scappellarsi e fare entrare un gruppetto eterogeneo che fende la folla fiondandosi in direzione del privé. Il più grande, anche se era il più basso, era lui, il mio sogno, vestito come il grande puffo ma senza barba, irradiava un senso di potenza a stento trattenuta. Forse gli scappava perché é sparito di corsa verso il cesso, seguito dal suo entourage. Forse scappava anche a loro. Era tutto molto glamour, verso la profondità della terra, verso le segrete stanze che dovevano raccogliere la concentrazione e riunire le forze nell'atmosfera elettrica che prelude ai grandi eventi, come quello che stavo vivendo. Il passaggio veloce della band era stata una botta di vita, mi sentivo una pianta sferzata dal vento e dalla Becks.<br />
<br />
Pian piano i nostri eroi salirono uno a uno e, come Mosé nel mar Rosso, aprirono le acque e salirono sul palco, laggiù, oltre la cervice uterina. Uno al basso, uno alla batteria, uno al clarinetto/sax/flauto traverso e uno alle tastiere. Mancava lui, ma per il momento andava bene lo stesso, l'avvenimento si stava costruendo sotto i miei occhi, davanti al mio naso, poco più in là. Ero felice, moderatamente alcolico e in attesa del lieto evento, persino due babbione si erano sedute accanto a me ma non ci facevo caso, tanto ero preso dalla situazione così metropolitana, equilibrista in bilico sul fine settimana, é quasi l'ora delle streghe e le stelle sono accese.<br />
<br />
Poi sentiamo passare una Fender. Una Fender col berretto. Una Fender più grande di lui, che è il più grande di tutti. Una Fender che sale sul palco, lì, che puoi allungare una mano e toccarla. E questo già basterebbe.<br />
<br />
E poi parte la musica, partono le parole, parte il ritmo e il blues, parte il treno, parte il tempo, partono i colori, partono i bicchieri, partono gli amori, parte il basso e duetta con la tastiera, sembra una composta di frutta, pezzi di frutta grandi come me, come te, da abbracciare e baciare, da assaggiare lentamente, da gustare, da assaporare, come la vita, come la prugna, come il mondo che gira gira e balla e qualche volta torna da dove era partito ma qualche altra volta arriva dove non sai, ma va sempre bene, in una serata così.<br />
<br />
Chiudi gli occhi, apri il tuo cuore. <br />
<br />
Vedi la musica, senti i respiri, ti batte il cuore in sincrono. Ne approfitti per fare un pò di musica in quest'attimo infinito, bloccato, da tasto pausa. Tutto é fermo, solo la musica vive. Tutti sembrano statue di sale, tutti immobili, congelati, solo la musica si muove. Ed io con lei.<br />
<br />
Scendo dallo sgabello e lascio Jonny Whitening al suo rosso. Tutto é fermo, tranne la musica. La musica é una serie di fili colorati, di bricioline di pane, di indizi da seguire. C'é il filo blu delle tastiere, blu elettrico. C'é il filo del basso, marrone come la terra. C'é quello della batteria, giallo oro, come il sole. C'é quello rosa del sax, tutto attorcigliato. Poi c'é l'arcobaleno della Fender e all'inizio dell'arcobaleno c'é una pentola d'oro e uno gnomo, chiamato Sergio Caputo, col suo berretto color notte e spicchio di luna. Tutti fermi, come una fotografia, con questa magia della musica che ti gira intorno, che ti prende, che ti abbraccia, che ti fa ballare e ti fa dire "la vita é bella, ciao, mercy bocù". <br />
<br />
Io salto sui tavoli, calpesto i camerieri dai capelli rasta, mi faccio largo fra la gente, seguo il filo della musica e volo verso il palco, verso l'inizio dell'arcobaleno, verso l'astronave che é arrivata, verso il Garibaldi innamorato dell'Anita, verso l'Hemingway caffé latino se ghigna Belzebù, verso un sabato italiano, verso un italiani mambo, fino alla fine del tempo, quel tempo che si é fermato e ha congelato tutto in baygon street numero uno. Prendo i fili con le mani e volando arrivo sul palco. Sono lì, a fianco di Sergio Caputo, io, proprio io. Proprio io con i miei capelli che non ci sono più, con la mia vita fatta a scale, con i miei vent'anni di una volta, con il trio vocale militare, proprio io.<br />
<br />
Stampo un bacio in fronte a Sergio che manco se ne accorge e prendo tutti i fili della musica e ne faccio un gomitolo col quale mi farò un maglione, per le sere dell'autunno della mia vita. E poi mi lascio andare, riapro gli occhi e torno istantaneamente sul mio sgabello, vicino a Jonny Whitening, mi infilo le mani in tasca e sento il mio gomitolo di musica, il mio gomitolo colorato, il mio pezzo di arcobaleno. Mi giro verso il palco, dove Sergio saltella abbracciato alla Fender e lo saluto. Lui risponde al saluto e mi firma due autografi, uno per Guglielmo e uno per Maria. Allora respiro, mi finisco la birretta e allungo le mani sui tasti del pc. <br />
<br />
E scrivo. E volo. Via sopra Fast City, seguendo il filo della musica.<br />
<br />
<em><span style="color: red;">Grazie a Sergio Caputo e alle sue canzoni, citate in maniera sparsa in questo arcobaleno di emozioni. GM</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-16495245923003477662010-03-29T19:59:00.003+02:002010-03-29T21:55:29.244+02:00<strong>Carissima, </strong><strong>tu lo sai che stamattina ho pianto per te mentre me ne stavo nella mia gabbia, tu lo sai che ho sentito il tuo dolore e l'ho accettato e l'ho preso come fosse mio, anche se mi ha fatto male, molto male. Ma, si sa, se la vita non é vissuta veramente cosa la viviamo a fare? Meglio un giorno da leone che cent'anni da pecora, dicono i proverbi, che spesso hanno ragione. </strong><br />
<br />
Oggi ho risentito quella forza bruta che mi prende da dentro e mi spacca a metà, quella forza strana che sento tutte le volte che penso a te, quella forza viva che nasce in virtù di... una profonda amicizia e di una forte empatia? Anche se non ci conosciamo, anche se siamo così diversi, così provenienti da altri pianeti e viviamo anche in mondi così lontani. <br />
<br />
"Io", il regolare, l'impiegato, nella media della media, io, un essere da libro delle statistiche, quello del mezzo pollo, io marito, io papà, io con la station wagon, la ventiquattrore, il giornale alla mattina, il caffé al bar, le ore al lavoro, senza gioia, senza infamia e senza lode. Io, la cui unica trasgressione é quella di buttare lo scontrino del bar dentro al cestino del bancomat facendo il dito medio alla telecamera lì sul muro, tanto per dare un tono alla mattina. Io, che mi ritrovo alla mezza età e facendo il bilancio di una vita di positivo ci scopro solo che almeno non mi metto sempre e solo le dita nel naso; io il qualunque.<br />
<br />
"Tu", l'angelo perduto, quella che ha immolato la propria gioventù sull'altare di non si sa cosa, che si ritrova alla mezza età e si scopre alla metà del guado della vita improvvisamente e forse improvvisamente si chiede il perché. Tu che sei libera di essere, non hai legami, puoi vivere oggi qui e domani là, senza rispondere a nessuno che a te stessa, che passi i minuti, le ore, le giornate ed i mesi come vuoi, salvo pentirtene e ricominciar daccapo, perché non sai fare altrimenti, Tu che ti fai uccidere a poco a poco, volta per volta ed é sempre più doloroso e quando si alza più forte il richiamo del tuo assassino sempre rispondi. <br />
<br />
"Io" che ho fatto una vita inutile, piena di cose che mi chiedo se ho mai voluto far davvero, io che mi sento qui, anch'io a metà del guado e non so se andare avanti, tornare indietro oppure rimanere fermo, in mezzo alla corrente e farmi portar via come se fossi uno stronzo. Io che ho chiesto per quando morirò di essere cremato e ridotto in cenere e disperso in qualche parco, su qualche montagna o in mezzo al mare, io che non penso più al suicidio ma che non voglio essere ricordato nemmeno con una targhetta, meglio l'oblio, sicuramente. Io che ho vissuto i miei cent'anni da pecora, sempre spaventato dai leoni.<br />
<br />
"Tu" che hai lasciato la tua valle, la tua casa e te ne sei partita per fare ciò che non so e che non voglio immaginare, tu che hai il cuore dilaniato per quante volte ti sono saltati addosso e te lo hanno mangiato, tu che te lo sei fatto mangiare. Tu che ti nascondi dietro ad un'armatura, tu che cerchi di non brillare come una stella, tu che sei il magnetismo che attrae intorno alla tua orbita, sperduta nel cielo come una stella cometa che va, torna, va e torna. Tu, che hai il corpo di fenice, che ogni giorno muori e bruci ed il mattino dopo rinasci dalle tue ceneri perché sei immortale.<br />
<br />
"Io" che mi nascondo dietro a questa vita squallida e monotona, che cerco nel mio Dio rassicurante fatto di pastiglie la tranquillità e la vittoria contro l'ansia, contro l'angoscia, contro quello che mi prende e che mi porta via, chiuso in me stesso, nel buio di una stanza, dove mi vergogno per quello che sono e per quello che non sono, soprattutto. Io che ho una figlia che mi adora ma che non ha ancora aperto gli occhi su ciò che veramente suo padre é. Io che ho una moglie che mi sopporta e che si é anche stancata delle mie pugnette anche se magari non me lo vuol far capire, ma si legge dai segni.<br />
<br />
"Tu" che pensi che gli altri non possano innamorarsi di te ed invece hai tanti che ti amano. Tu che non ti ami, se no avresti smesso di farti del male, tu che sei aggrappata alla vita come un naufrago ad un tronco d'albero, con tutte le sue forze, ma in balia della corrente che lo porta via. Tu che sei un angelo caduto, dalle ali spennacchiate eppure anche così sei di una bellezza spaventosa, che si fa fatica a guardarti, perché si rimane abbagliati e senza parole. Tu che dici di non credere in Dio ma poi diventa lui il bersaglio dei tuoi strali. Tu che dopo una vita impossibile hai avuto lo stesso la bontà e la forza di allungare una mano e far rialzare in piedi e vivere chi era già rassegnato ad una lenta morte, come una candela che si spegne, come me, il coglione.<br />
<br />
Tu, quel giorno, hai regalato a me il piacere dell'oggi.<br />
<br />
Voglio dirti... vivilo anche tu questo "oggi", vivilo vividamente, a colori, in alta definizione, respirando, volendoti bene, amandoti, anche se non sai quanti giorni ti rimangono, come non lo so io quanti giorni mi rimangono. Dopo cent'anni da pecora ho conosciuto finalmente un leone, anzi una leonessa, che però non sa di esserlo e se lo sa, fa conto di non saperlo. Però questa leonessa mi ha insegnato come si fa e me l'ha insegnato solo con l'esempio. <br />
<br />
Smetti di nasconderti, leonessa. Ruggisci, scagliati contro chi ti fa del male, anche contro te stessa se ti serve, ma fallo. Sei bellissima, leonessa, ricordati che non devi vergognarti di niente.<br />
<br />
<em><span style="color: red;">Ti amo, magari a modo mio, ma ti amo. GM</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-40259064145490147992010-03-27T09:17:00.006+01:002010-03-27T14:32:50.748+01:00<strong>In questa notte di primavera, la prima notte di primavera, il mio istinto cacciatore mi ha svegliato alle tre e un quarto, forse prima, quando il mondo, visto dal mio letto, era una scatola scura con molte ombre e poche luci, ma buone. C'era la luce di un lampione che timidamente si faceva strada fra le tende della finestra, entrando a trovarmi con la leggerezza della mano della mamma che sfiora il proprio bambino, raggomitolato fra le lenzuola, abbracciato al cuscino, ma col nasino tutto rincagnato.</strong><br />
<br />
C'era la luce delle stelle, disperse in un cielo nero e meno visibili del solito perché la luna sta diventando piena e vuole sempre più spazio nel cielo. Quella luna che vuole attirare l'attenzione di tutte noi, piccole falene, che proviamo a raggiungerla imbarcandoci in un viaggio probabilmente senza fine perché, forse, non ci arriveremo mai. La luce della luna, là in alto nel cielo, oscurava da sola un bel pezzo della volta stellata e le stelline attorno a lei scomparivano nel fulgore di quell'abbaglio tremendo, persino ai nostri occhi. Stanotte, guardando la luna, ti potevi ferire gli occhi con la sua carezza, tanto era forte.<br />
<br />
C'era la luce dei miei sogni interrotti, che svanivano poco a poco dalla memoria, fino a finire del tutto in una manciata di pensieri piccolini, da tenere sulla punta delle dita, trattenendo il respiro. I miei sogni interrotti erano ormai delle palline colorate che rotolavano via lungo la discesa della notte, appena appena brillanti quando si scontravano con i raggi della luna, unica, bella, viva, lassù nel cielo fino a perdersi chissà dove, in qualche anfratto, in qualche scatolina di metallo, in qualche angolino nel cervello. Come perline a terra che scappano via così i miei sogni svanivano nella nebbia della veglia, fra la terra del mio istinto cacciatore che tutto vuole e niente respinge.<br />
<br />
C'erano le fronde degli alberi che ballavano al ritmo sexy della notte, di una notte ventosa, di una notte dai capelli lunghi che, scuotendosi di dosso la polvere del giorno, si muovono e danzano anche loro godendo del vento, del soffio della terra, dell'alito di un Dio bellissimo che ci vuole bene e ci permette di rimanere soli nel letto nel cuore della notte, avvolti dai pensieri e dalle coperte, avvolti dai residui dei sogni ormai evaporati e perduti, dentro ad una carezza. C'erano i tetti delle case, lì ad un passo, che ti pare di toccarli allungando un braccio e sembrano la superficie di una piramide immensa di blocchi di granito, chiari come gli occhi marroni della mia bambina quando mi sorride.<br />
<br />
E poi c'ero anch'io con il mio istinto cacciatore, tutti e due svegli alle tre e un quarto, a guardare in alto provando ad attraversare i muri, migrando verso il cielo, il cielo nero come la terra fertile quando il Nilo si ritira e torna nel suo letto. Quel mio istinto cacciatore che mi chiama, mi scuote, mi toglie dal sonno, mi sveste e mi riveste, mi sveste e mi riveste e nella ripetizione mi riempie i polmoni dell'aria della notte e le orecchie della musica delle foglie di quegli alberi che, lentamente, ballano al ritmo sensuale della notte e della luna, riflessa dai tetti, fra le ombre del lampione, al di là della scatola di metallo nella quale si conservano i pezzetti dei sogni, pallidi e frammentati, una volta ancora, una volta di più.<br />
<br />
Il mio istinto cacciatore si chiama Wile E. Coyote ed il mio destino si chiama Beep Beep. Il mio istinto cacciatore mi fa alzare dal letto alle tre e un quarto di una notte con la luna e mi porta lungo le strade della vita a cercare il mio destino, che non si fa acchiappare. Il mio istinto cacciatore mi porta lì, nascosto dietro un angolo, elaborando complessi disegni per acciuffare il destino, che passa come un treno illuminato alla velocità del suono, si gira e mi fa uno sberleffo e mi dice che non ce la farò mai, che non lo prenderò mai, ma io so che invece non lo perderò mai, basta aver fiducia. Aver fiducia nei tuoi complessi progetti, dei quali non trovi più il capo e la coda, tanto sono mescolati, ma basta stare un passo indietro e guardarli da lontano allora forse puoi capire tante cose.<br />
<br />
Il mio istinto cacciatore ha una colonna sonora bellissima, più bella del vento di questa notte, il vento che ha spazzato le nuvole e ci ha regalato un cielo limpido come l'acqua di un laghetto nel quale si specchiano tutte le montagne del mondo, dalla cima sempre ricoperta di neve. Il mio istinto cacciatore, quando vede le montagne, si mette a scalarle per arrivare in cima e quando é lassù, gli basta respirare per sentirsi vivo. Al mio istinto cacciatore piace tirare fuori il binocolo, quando è in cima ad una montagna ed inizia ad osservare pian piano tutto ciò che lo circonda, alla luce della luna. A me invece piacerebbe sdraiarmi, in cima alla montagna, per guardare il cielo che é così vicino, guardare le stelle, iniziare a contarle anche se é impossibile contarle tutte ed allungare una mano per toccarle, anche se é impossibile toccarle tutte e riempirmi le tasche di neve.<br />
<br />
Ma il mio istinto cacciatore ha visto il destino, che corre laggiù sulla pianura e allora, con la forza pazzesca della follia, si butta dalla montagna ruzzolando, correndo, sbatacchiato qua e là, scansando rocce, saltando alberi, spruzzandosi nei torrenti, aggrappandosi alle stelle e sbattendo contro un masso, rimbalzando via ed io con lui, portato via, per sempre, fino alla fine della corsa che però non so quando sarà, ma vale la pena correrla, fino a che non arriva il giorno e ti dici che dopo tutto é stata una bellissima notte, stanotte, e ti é sembrato tutto un sogno...<br />
<br />
... che mi ha lasciato le tasche tutte bagnate di neve.<br />
<br />
<span style="color: red;"><em>Wile E. Coyote e Road Runner (Beep Beep) sono personaggi dei cartoni animati creati da Chuck Jones nel 1948 per la Warner Bros. GM</em></span>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-18991434484971280842010-03-25T21:21:00.006+01:002010-03-26T18:40:50.587+01:00<strong>Letterina a Gesù Bambino... </strong><br />
<br />
Caro Gesù Bambino, é arrivata la primavera, si sente nell'aria, si vede nei colori del cielo, nelle gemme sugli alberi, nei sorrisi, nei bambini, negli innamorati, nelle ombre della notte che iniziano lentamente a rallentare, negli occhi dei gatti che se ne stanno accovacciati sullo zerbino, nei panni stesi al sole che asciugano un poco più in fretta, nei pensieri che accompagnano le nostre giornate, nell'odore del caffé al mattino, nei discorsi fatti in piazza dai vecchietti, nelle serrande dei negozi che si alzano un pò prima, nei riflessi dell'acqua e nel cinguettare degli uccellini.<br />
<br />
La primavera é l'inizio di un nuovo anno, spuntano le foglie, arrivano i fiori, aumentano gli ormoni e le passioni, si accorciano le gonne e si allungano i capelli, i denti sembrano tante perle risplendenti e le rose sono i fiori più belli del mondo. Le api ronzano, i cani abbaiano alla luna, i coccodrilli continuano nella loro vita a pelo d'acqua, pronti a balzare contro la prima preda che passa, i cinghialetti trotterellano dietro ai cinghialoni e Lucky Strike ha smesso di fumare e tiene in bocca un filo d'erba, masticandola un pò.<br />
<br />
L'inizio di un nuovo anno porta sempre con sé i buoni propositi e qualche preghierina, porta la gioia nei destini ed il desiderio di regalare a tutti qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa che non si é fatto mai prima e che però lo si é desiderato tanto, come un nuovo amore, anche di quelli diversi, come il guardarsi negli occhi, ma senza parole perché certe volte bastano i pensieri e certe altre volte neanche quelli. L'inizio di un nuovo anno ti lascia davvero senza voce e ti metteresti lì, di fronte a lei, a guardarle le rughette intorno agli occhi e pensare che davvero sei un uomo fortunato.<br />
<br />
I buoni propositi si scrivono sempre sul proprio diario e sono i mattoncini sui quali vorresti costruire i tuoi prossimi giorni, le tue prossime ore e se non hai abbastanza ore vanno bene anche i minuti, basta che siano vissuti al massimo possibile, godendosi un minuto dopo l'altro, un secondo dopo l'altro, secondi fatti da milioni di attimi che non finiscono mai, quasi come il sole di mezzanotte visto a Barrow. Prendi una penna, un foglio di carta grande come il cielo e inizi a disegnare i tuoi pensieri, le tue gioie, i tuoi rimpianti e quello che avresti voluto fare, quello che avresti potuto fare e quello che avresti dovuto fare e non hai fatto e mescoli tutto come fosse una macedonia di frutta fresca e colorata.<br />
<br />
Il diario é una macchina invisibile, sulla quale posso salire soltanto io, sedermi, girare la chiave, dare due sgasate, accendere lo stereo, mettere su il mio disco preferito, tirare giù i finestrini ed abbassare la capote perché é un diario cabriolet, di quelli con i capelli al vento, anche i pochi che ti rimangono. I capelli piccoli piccoli, grigi e bianchi e quelli neri un pò più lunghi e grossi e tutti che si muovono al vento seguendo la musica della primavera, del primo sole, del sorriso che si nasconde dietro alle tendine e che fa brillare gli occhi, per un tempo immenso.<br />
<br />
Caro Gesù Bambino in questo inizio d'anno portami un paio d'ali così che possa alzarmi in volo e non cadere mai, così che possa seguire i venti se mi fa comodo ma cambiare direzione se mi portano dove non voglio, dove non so. Caro Gesù Bambino, in questo inizio d'anno portami un paio d'ali così bianche che se le guardi devi metterti gli occhiali da sole, da tanto splendono, persino di notte. Caro Gesù Bambino, in questo inizio d'anno portami un paio d'ali per raggiungere il mio amore, visto che é un angelo e gli angeli volano lassù in cielo così in alto che non possiamo neanche immaginarlo.<br />
<br />
Caro Gesù Bambino, in questo inizio d'anno portami un paio d'ali e fammi conoscere il mio vero Amore, fai che non rimanga solo in questo mondo così alla rovescia, dove é tutto ribaltato e per conoscere davvero gli angeli devi qualche volta scendere le scale della vita ed andare al piano di sotto, dietro all'angolo, in un cortiletto dove risplendono i panni stesi ad asciugare e si sentono le voci dei bambini che giocano e si rincorrono, che giocano e si rincorrono, come la grande ruota della vita, come la terra che diventa verde, poi gialla, poi nera poi si riempie di neve e sotto la neve germogliano gli amori più belli del mondo.<br />
<br />
Caro Gesù Bambino, in questo inizio d'anno portami un paio d'ali, lunghe e forti, che io non debba restare solo, solo con me stesso, che non mi sopporto più. Con un paio d'ali come dico io potrei volare, volare per sempre e guardare tutti da lontano, come se fossi una stella sperduta nel cielo ma mescolata a milioni di altre stelle. Con un paio d'ali come dico io potrei raggiungere il pianeta del Piccolo Principe, tanto per conoscerlo e farci quattro chiacchere seduti, "fumando una marlboro al dolce fresco delle siepi". Con un paio d'ali come dico io potrei anche correre lontano e poi tornare indietro, un pò più ricco di colore e di carezze.<br />
<br />
Caro Gesù Bambino aiutami ad aiutare, aiutami ad amare, aiutami a non essere egoista, aiutami a fare dei buoni propositi intelligenti, a non perdermi fra le correnti di quel grande mare che é il mondo, che non sai mai dove ti possono portare. Caro Gesù Bambino, lascia che ti tocchi la mano e te la accarezzi dolcemente, sfiorandola appena, con tutta la delicatezza che c'é negli occhi di una madre, nei desideri di una madre, nella voglia di essere madre. Caro Gesù Bambino, ricordati di me e se mi vedi andare fuori strada aiuta la mia mano a tenere il volante e aiuta i miei occhi a vedere sempre cosa c'é davanti, ma per davvero.<br />
<br />
Caro Gesù Bambino, anche se siamo solo in primavera, fai risplendere i miei pensieri come se fossero un campo di grano sotto il sole, giallo il sole, giallo il grano, giallo come l'allegria, giallo come la luce di una lampada che oscilla piano piano per un alito di vento. Caro Gesù Bambino aiutami ad aiutarmi, non voglio restar solo tutta la vita, che se no mi sembra così lunga che non passa mai e mi sembra la notte polare e senza la mia stella non so dove andare.<br />
<br />
Grazie Gesù Bambino, buonanotte piccolino, ora dormo anch'io e fammi fare dolci sogni, e se mi stringo il mio cuscino e annuso, fammi diventare un cagnolino e non lasciarmi solo.<br />
<br />
Buonanotte piccolino.<br />
<br />
<span style="color: red;"><em>la citazione é presa da "Se io fossi un angelo" di Lucio Dalla (1985). GM</em></span>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-50647704598795909812010-03-23T22:48:00.004+01:002010-03-24T21:34:17.143+01:00<strong>Una giornata senza pretese, poesia e canzone di Vinicio Capossela che apre "Liveinvolvo", l'album dal vivo registrato alla fine del secolo scorso, fra vecchie auto, galli e galline, libretti di istruzione e ottoni dalla Macedonia...</strong><br />
<br />
Una giornata senza pretese non sarebbe male che arrivasse domani, una giornata tranquilla, senza l'affanno, senza le armature, senza le spade cangianti, senza i telefonini e i bus navetta, senza i vigili urbani e gli editori che arrivano da ogni parte del mondo, una giornata poco funky, molto funcool e senza uffici e chiavette e computer ed e-mail che arrivano e che partono, collegandoci col mondo anche se rimani lì fermo come un budda meditabondo cicciottone dietro alla scrivania dell'ufficio col cellulare all'orecchio, il caricabatterie su per il culo e il walkie-talkie nel taschino della giacca.<br />
<br />
Una giornata senza pretese da passare con la calma olimpica dei vecchietti, dei pensionati con la camicia a quadretti che al mattino se ne stanno lì seduti al bar Verde leggendo lo Stadio ed il Resto del Carlino, incollati alle loro seggioline, con le loro belle braghe di velluto e le loro scarpe grosse che ti ricordano il vissuto da contadini, da coltivatori di patate, che sono l'Oro di Gran Burrone. Nonni che stanno lì a parlar del tempo atmosferico e del tempo che passa. C'é sempre troppo caldo, troppo freddo, troppo sole o troppa pioggia e poi c'é il funerale di Orazio, oggi pomeriggio. E per un Orazio che se ne va c'é sempre un Gaspare che si unisce al gruppo, nelle chiacchere in piazza, nelle briscole al bar o all'ombra del campanile.<br />
<br />
Una giornata senza pretese da vivere con la forza delle arzdaure, che si svegliano alle cinque e subito preparano il ragù tanto per profumare la casa e mettono via la conserva, lavano i pavimenti, danno l'acqua ai gerani, preparano il caffé per il signor Marito e poi alle otto e mezza tutte puntuali alla messa, con i loro fazzolettoni in testa e le borsette che dimostrano il doppio dei loro anni. Nonne che si lamentano della pensione, di Berlusconi e delle tasse e poi tornano a casa e per passarsi il tempo tirano dodici uova di sfoglia e mettono su la pentola per i passatelli e si leggono la collezione di Famiglia Cristiana.<br />
<br />
Una giornata senza pretese come quelle dei bambini dell'asilo, tutti bellini con i loro vestitini colorati, tutti allegri e tutti contenti, anche se non hanno più i cestini come li avevamo noi ma le merendine Kinder che li faranno diventare tutti degli ovetti, senza collo e con la vita bassa, ma col colesterolo alto. Oggi tutti i bimbi sono belli, sembrano usciti da uno spot televisivo, hanno tutti i vestitini firmati e quando piove vanno in giro con gli stivaletti di gomma, come dei piccoli norvegesi ma con la scorta di Winnie the Pooh e Pimpi, il maialino rosa che ha paura anche della sua ombra ma piace tanto ai nostri piccolini.<br />
<br />
Una giornata senza pretese come un giretto al mercato del martedì mattina alla ricerca delle occasioni perdute, tre paia di calze di plastica a cinque euro, due stivaletti di pelo di gnocca cinese a quattordici euro, su signora che le faccio bene, che se non li prende poi se ne pente, una batteria di pentole acciaio inox insuperabile a solo venticinque euro, guardi, signora, ha il manico di teflon, é una garanzia. E l'odore tonificante dei polli arrosto alle otto e un quarto del mattino, mentre più avanti c'é quello salvifico del pesce fritto in cartoccio, c'é la bancarella dei formaggi e dei salumi, che sono tanto buoni e più che sono buoni più fanno male, specialmente a quest'ora.<br />
<br />
Una giornata senza pretese per mandare a spendere il mondo, per mandare tutti a spazzare il mare, per lasciarsi indietro pensieri, parole, traffico e rumori, nemici e dissapori e amori che forse non funzionano più, e che stancamente arrancano fra i tornanti della vita in una salita che non sembra finir mai. <br />
<br />
Una giornata "io e Te", fatta di sguardi, annusandoci pian piano, sfiorandoci la pelle con la punta delle dita, piano piano, ma senza fretta, senza la fretta che riempie i giorni e che ci brucia addosso e non ce ne accorgiamo. <br />
<br />
Una giornata "io e Te" o, se ti piace di più, "Tu ed io". <br />
<br />
Semplicemente, una giornata senza pretese.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-13372207773287899202010-03-22T21:05:00.002+01:002010-03-22T21:07:16.037+01:00<strong>Ta-dah... Ta-dah... Grande novità! Stasera, tanto per cambiare, Guglielmo Maria non é contento di se stesso... </strong><br />
<br />
Se guarda indietro di sere come stasera ne ha vissute anche troppe, che uno minimamente normale, come dovrebbe/potrebbe/vorrebbe essere lui, si direbbe che é ora di smetterla. Di smetterla di piangersi addosso, di smetterla di prendersela con se stessi, di smetterla di avere un atteggiamento infantile o indulgente, di non affrontare le situazioni quando si presentano e via così, potrebbe tirarne fuori quindici o venti di cose come queste, a partire dalle aspettative che si fa e che poi non riesce a soddisfare, a finire alle aspettative che ha nei confronti degli altri e che non riesce a soddisfare neppure quelle.<br />
<br />
Tra questi estremi del burrone ci passa sopra il ponte del "come" vive. Quel ponte che desidererebbe stabile, forte, sicuro, possibilmente con le pareti per non cascar di sotto e il corrimano perché soffre l'altezza e ne ha paura, che se guarda di sotto gli si stringe il culo. Ma può un ponte essere costruito sulle aspettative? Ma può una vita essere costruita sulle aspettative? No, semplicemente. Questo lo sa eppure non gli entra in testa di cambiare atteggiamento nemmeno se piglia un trapano, si buca il cranio, fa una pallina di pensieri positivi e se la ficca dentro, poi richiude. La pallina esce. Svanisce. Scompare.<br />
<br />
Sa solo lui quante ore di colloqui ha fatto, quante pillole ha preso, con quante persone che gli vogliono bene ne ha parlato e in quanti hanno cercato di fargli comprendere, capire com'é fatta quella pallina e cos'é che la forma, che la compone. Tante ore di parole, troppe pillole e gli amici, quelli veri che sono tantissimi anche se si contano sulle dita di una mano e che hanno il pregio di essere sinceri e di volersi fare capire e farlo capire... sicuramente ce n'é abbastanza perché, sempre secondo le sue aspettative, si dovesse ormai essere risolto il "problema" della sua vita.<br />
<br />
Invece il "problema" non si risolve e la colpa é la sua, almeno a lui viene da pensarla così. E' giusto, non é giusto, non lo sa, non sa davvero cosa fare, é stanco, esausto. Esempi... non é contento del lavoro, ma non lo cambia, soffre in certe situazioni interpersonali, ma non le affronta diversamente. Sa che non rende per quanto potrebbe ed invece di cambiare marcia si spegne. Rimane lì, passivo, ad aspettare che l'onda di merda del suo mare lo travolga anziché pensare di correre via, lontano. E dopo che l'onda é passata e lui rimange tutto sporco eccolo lì, che si piange addosso, guarda qui, guarda là, tatatà e tutto resta come prima. E la prossima onda è sempre peggio della precedente.<br />
<br />
Ora, si chiede, se uno minimamente normale e razionale, come dovrebbe/potrebbe/vorrebbe essere lui, messi insieme alcuni dati di base che indicano nettamente che qualcosa non va, debba rimanere lì, fermo, immobile come una statua. Se senti il terremoto, scappi, no? Poco che fai ti metti sotto al tavolo, per non rimaner schiacciato. No, lui no. Lui sta lì, povero sciocco, aspetta e poi si lamenta dei calcinacci che gli cadono in testa. E' normale, questo? Lui non lo crede, non osa pensarlo.<br />
<br />
E le onde? Quelle onde dell'umore che si alzano, si abbassano, si alzano e si abbassano e lui, sulla sua barchetta che aspetta che torni la bonaccia, che non torna mai. E vede isole, vicine, lontane, ma non vi si dirige mai e rimane in mezzo al mare in balia della corrente, quando sa benissimo che dovrebbe fregarsene della corrente ed iniziare ad usare i remi, che li ha, per dirigersi da qualche parte, per trovare terra. E invece no, non lo fa. Si dice che é stanco, che non può remare così tanto, non ce la farà mai a raggiungere il traguardo, l'approdo, una caletta, qualcosa che non sia un guscio di noce nell'immensità del mare.<br />
<br />
Forse, anziché provare a mettersi una pallina in testa potrebbe invece provare di togliersi qualche cosa e di essere meno complicato, meno sensibile, meno preoccupato, meno angosciato, meno questo, meno quello, meno... non lo sa. Lui sa che il tutto e subito é impossibile ma sa anche che non deve continuare a vivere il niente e mai. Ma perché deve continuare a considerarsi un infelice quando capisce che i veri problemi nella vita sono altri, perché deve continuare a farsi le seghe mentali? Perché non gli riesce di essere semplicemente e basta?<br />
<br />
Ha tutto, può tutto, cosa gli manca? Cosa vuole di più che ancora non si gode e quanto butta della sua vita ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che passa e non tornerà mai più? E perché?<br />
<br />
Non lo sa, oppure lo sa e non vuole ammetterlo, perché scappa sempre dalle responsabilità.<br />
<br />
E, detto questo, ora basta con le seghe, Guglielmo Maria.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-46734384542709664802010-03-21T10:41:00.005+01:002010-04-20T01:33:21.021+02:00<span style="color: red;"><strong>"mi chiamo D....... _ ho paura del buio, di rimanere sola _ Non lo sono mai, forse, ma ho paura _"</strong></span><br />
<br />
<span style="color: #444444;">Oggi é una bella giornata, mi gira la testa e ho le vertigini, non mi capitava da tanto che speravo di averle superate, lasciate indietro, abbandonate e invece mi accorgo che sono ancora qui con me, dentro di me ed ogni tanto si rifanno sentire, come vecchie amiche. Spero che non mi prenda male anche allo stomaco, che poi sto ancora più male e mi viene da vomitare, mi vien la nausea e mi si vuota anche l'anima. Insieme ai succhi gastrici butto fuori anche tutto quello che mi porto dentro, che accumulo da qualche parte fino a che non ce la faccio più a tenerlo dentro e mi svuoto.</span><br />
<br />
Oggi é una bella giornata, ho visto un film. Un film in bianco e nero ma a colori, rosso sangue, rosso cuore, rosso su rosso, un film bellissimo e straziante, semplicemente un film, ma vero, come una vita. Una vita che si può e si deve chiamare ancora vita, anche se vorrebbe essere chiamata in altro modo, forse. Una vita lontana dalla mia, ma così pericolosamente vicina che potrebbe essere anche mia, forse lo é diventata. <br />
<br />
Oggi é una bella giornata, ho preso treni ed aerei, sono stato in hotel a quattro stelle a coccolarmi e ho pianto pensando a chi non posso aver con me, non per egoismo ma per amore, non per scelta ma per imposizione, ma non per sempre, per fortuna. Oggi sono morto, poi sono rinato, poi sono morto ancora, poi sono rinato ancora e così via, ogni giorno, ogni notte, in ogni pagina, in ogni lettera, in ogni virgola, in ogni stilla di inchiostro, inchiostro rosso come il sangue, rosso come l'Amore, l'Amore eterno, quello che le distanze non contano, quello che tieni dentro di te.<br />
<br />
Oggi é una bellissima giornata, una giornata divina. Dart Maul non mi ucciderà mai, né oggi, né domani, né mai. Non c'é riuscito ieri, non ci riuscirà oggi, non ci riuscirà domani. Non ci riuscirà mai e anche se ci provasse ogni giorno che Dio ci manda in terra, non ce la farà mai. Io sono più forte, più bello, più intelligente, più sensibile, più fragile di lui. E lui non ce la farà mai, perché con me ci sono gli angeli ed anche la mano del mio Dio che mi difende e mi protegge, anche se io certe volte non vorrei, specialmente il quindici dicembre, quando mi difendo da solo da tutti i mali del mondo perché porto una pietra preziosa con me.<br />
<br />
Oggi é una bellissima giornata, passata fra stazioni e aeroporti, residence e camerette senza bagno e senza Amore. Oggi ho chiuso gli occhi ed ho visto una luce, laggiù, in fondo al tunnel, alla fine della strada, alla fine del mondo, in fondo a destra, ai confini dell'Universo, dove il mio Dio misericordioso mi allunga una mano ed io la prendo e poi diventa una mano del mio Amore e non la mollerò più. Oggi mi son visto bello come il cielo, pulito come il cielo, limpido come il cielo, come i batuffoli di cielo che sono le nuvole, accarezzate dal sole, portate dal vento, da un sospiro, da una lacrima, che é la cosa più pesante del mondo.<br />
<br />
Oggi é una giornata stupenda, ho pianto e ho schizzato gli occhiali e solo chi li porta capisce che cosa vuole dire. Già se piangi non vedi, ma se piangi e porti gli occhiali, allora puoi solo chiudere gli occhi ed immaginare il cielo, quel cielo, quello pieno di stelle, di stelle di tutti i colori, di tutti i colori del creato. Oggi mi prende lo stomaco, ma poi lo lascia. Oggi mi prende alla testa, me la fa girare, tanto che poi rimango lì per ore per fermare tutto quel che gira intorno a me. Oggi mi prende il cuore, ma per accarezzarlo e poi rimetterlo lì in un piccolo bauletto, in un carillon, sull'isola del Tesoro.<br />
<br />
Oggi é una giornata stupenda, posso cagare nel mio cesso, in pace con me stesso, finalmente. Posso sfiorare i miei libri, le mie foto, i miei giocattoli, posso sfiorare me stesso e baciarmi come nessun'altro ha fatto con me. Posso appoggiare la testa sul cuscino, coprirmi, chiudere gli occhi e volare via, sopra le nuvole, sotto le stelle, aprire le braccia e farmi spuntare le ali, aprirle, chiuderle, aprirle, chiuderle, riaprirle e planare, sfruttando il soffio caldo del vento e atterrare su un vulcano e rimanere lì, a guardare la lava fino a farmi venire male agli occhi, fino alla fine, fino a che un alito nuovo, fresco e profumato, mi porta via.<br />
<br />
Oggi é una giornata meravigliosa e il mondo é meraviglioso, nonostante tutto. <br />
<br />
Ma... forse, proprio per questo.<br />
<br />
<span style="color: red;"><strong>"mi chiamo sempre D....... _ non ho più paura del buio e di rimanere sola _ Lo sarò sempre, forse, ma non ho più paura _"</strong></span>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-79677527417624663022010-03-20T10:45:00.008+01:002010-03-20T13:40:11.372+01:00<strong>Ieri, per San Giuseppe, un piccione quasi mi ha cagato in testa, ho perso sette capelli per la paura e me ne sono rimasti tre, uno per me, uno per la mia piccola fragola e uno per chi se lo prende, basta che faccia in tempo e prenda il numero per mettersi in fila.</strong> <strong>Ieri era il compleanno di Mrs.K. che si é alzata alle cinque e un quarto per truccarsi meglio, vestirsi bene, darsi due toni e andare a prendere un cabaret di pastine e salatini da portare al lavoro. Ieri era anche la festa del papà e quindi un poco anche la mia, così abbiamo festeggiato tutti.</strong><br />
<br />
La mia piccola fragola mi è venuta a svegliare alle sette meno due comunicandomi in braille che il regalino a Mrs.K. avremmo dovuto darglielo verso le dieci di sera e io l'ho ringraziata per l'informazione così preziosamente anticipata, l'ho tirata nel lettone e le ho dato mille baci, più uno. Intanto Mrs.K. si é presentata a rapporto con un vestito che pareva un televisore che si sta sintonizzando sulla CNN, ma senza il satellite, un vestito che a guardarlo sembrava un elettrocardiogramma di un defibrillatore. I miei occhi hanno cominciato a fare gimmi gimmi e così é iniziata la mia giornata, in cerca degli occhiali. Trovati gli occhiali il vestito di Mrs.K. era in realtà una trasmissione in onde medie, di quelle in cerca di pace, piccole montagne russe perdute nell'etere.<br />
<br />
A colazione, latte e cereali e cioccolato, piccole scagliette di cioccolato che quando finisce il latte le trovi tutte sul fondo della tazza e ti dicono mangiami mangiami e io le ho mangiate. Pulire il fondo della tazza dalle scagliette di cioccolato é la parte più bella della colazione, é lo zenit, é il piccolo nirvana delle sette e mezzo del mattino, é farsi una flebo di buoni ormoni che ti aiuta a ripartire di scatto balzando verso l'alto ma senza sbattere la zucca sul soffitto e senza perdere un secondo correre al cesso per le abluzioni quotidiane. La parte più brutta della colazione é lavare la tazza e mettere via il latte, ma, si sa, non si può avere tutto dalla vita.<br />
<br />
In casa abbiamo due bagni ma ovviamente stiamo tutti e tre in uno solo, ma quello piccolo. Possiamo scombinare gli orari come vogliamo, come un cubo di Rubik, ma ogni mattina, di ogni santo giorno, ci ritroviamo ad un certo punto in tre nel bagno, stretti come su un vagone della metropolitana ma senza qualcuno che ti tasta il culo. Il più é farci l'abitudine, a non farti tastare il culo, intendo. Se hai nostalgia puoi provveder da solo, strusciandotelo contro il pomello del box della doccia, ma solo se non ti vede nessuno perché sembri una via di mezzo fra Aldo Busi e un portatore sano di emorroidi.<br />
<br />
Ieri, comunque, per qualche strana alchimia astrologica prima delle otto ero già pronto. Di solito a quell'ora mi giro dall'altra parte e aspetto un carro attrezzi o una gru che mi tirino su dal letto, invece ieri ero in giocoso anticipo sulla tabella di marcia, come una gioiosa macchina da guerra. Fuori c'era il sole, non come ora che pioviggina e tutto iniziava sotto i migliori auspici. Salutato il mondo virtuale ma reale di Feisbuc e Iutub, i miei due fratelli di mouse, me ne sono uscito, chiudendomi dietro la porta della notte e aprendomi davanti quella del giorno, sfoderando il sorriso Colgate che più Colgate non si può.<br />
<br />
Soliti riti a Gran Burrone, giornale, caffè, cazzeggiando sul corso fra i negozi che aprono ed i pedoni che scansano le merde di cane nate in una notte quasi senza luna. A Gran Burrone quelli che incontri per la strada sembrano quasi tutti incazzati, visto che non salutano mai, però io mi rifaccio con la statua che c'é in piazza. Il tempo di una riverenza all'inventore dei fusi orari e poi salgo in macchina pronto al Grand Prix quotidiano, via nel mondo dei pendolari, verso Fast City e l'Isola Felice, verso il lavoro, verso qualcosa che nemmeno io sapevo cosa ma che ci sarebbe stata. Una nuova giornata.<br />
<br />
Alla radio sparavano le solite cazzate, devono avere il porto d'armi per farlo così spesso rimanendo impuniti, così nel lettore é finito un cd jazz, del bollettino meteorologico e la strada correva via che sembrava unta, correvano gli alberi ai lati, correvan le case, più veloci quelle vicine e più lente quelle lontane, correvano i segnali stradali, correvano i fagiani e le lepri e l'unico che non correva era il nonno col cappello che occupava filosoficamente il centro della strada con la sua pandina bianca, facendo bene attenzione a lasciare lo stesso spazio alla destra ed alla sinistra della macchina, calcolato millimetricamente, aristotelicamente.<br />
<br />
Approfitto di uno slargo e lo passo, mentre davanti mi si profila bianco e blu il Ducato della polizia locale, gli ex-pulismani, ma non mi fermano perché bloccano quello davanti. Siccome ognuno di noi si può giocare un pezzo di culo ogni giornata ecco che io mi gioco il mio, puntando sul verde dell'autovelox così come un infurbito giocatore d'azzardo. Prego tanto che non mi prendano la targa, anche se andavo tanto piano che il nonno col cappello mi ha raggiunto e fatto i fari. Perchè tutto nella vita ritorna indietro, basta aspettare. La targa, quando sono arrivato all'Isola Felice era ancora lì e questo voleva dire che non me l'avevan presa. Almeno spero.<br />
<br />
Parcheggio e mi dò un tono pure io, mi schiarisco la voce ruttando da solo in macchina con la forza di Placido Domingo e apro la portiera, pronto alla tenzone. E, subito, schivo la cagata del piccione, che mi sfiora come una stella cometa in caduta libera, destinata al centro della terra. Mi vien da pensare che oggi sia la mia giornata fortunata, passare due secondi prima mi avrebbero fermato i vigili, uscire due secondi prima sarei stato colpito dalla merda interstellare. quante cose in solo due secondi. In effetti due secondi possono cambiarti la giornata facendoti passare dall'allegria arancione alla paura blu o all'incazzatura nera, ma anche il contrario però. Non é il bello della vita?<br />
<br />
Il bello del lavoro invece deve ancora venire, sono quasi sei mani che lo aspetto, ma con filosofica sopportazione, uniformato pazientemente ad una forza superiore, rimango qui, come un impietrito gargoyle di Notre Dame che goccia dopo goccia dà con perseveranza un senso alla sua vita. Il bello del lavoro deve ancora venire, anche se preferirei che venisse qualche gnocca, ma, si sa, non si può avere tutto dalla vita, tantomeno le passere degli altri. Il bello del lavoro deve ancora venire. In compenso, se ti butti a capofitto nel mare delle emozioni anche la giornata vola via fra tanti ritrattini e tanti disegnini, fra telefonate e pensieri, fra calcoli e renali, fra euro ed europei, fra stelle nelle stalle e stalle nelle stelle.<br />
<br />
L'importante é abbracciare chi vuoi bene, iniziando da te stesso, per passare a lei, a lui, all'altra. Un pensiero non si deve negare a nessuno, ma deve essere un pensiero vero, di quelli che solcano i cieli, non uno di quelli finti, lecchini, laccati, che cadono miseramente con la grazia di un maiale a mensa e si rompono in mille pezzi che se non li togli subito da terra qualcuno li pesta e si fa male. Anche durante il lavoro puoi abbracciare chi vuoi, basta essere se stessi. Gli altri lo capiscono, questo é il segreto. Se gli altri non lo capiscono, don uorry, lo capiranno anche se adesso gli fai consapevolmente compassione e ti guardano come una mucca guarda il treno che passa. L'importante é seminare.<br />
<br />
Un mio vecchio capo saggio testa riccia mi disse una volta che quando te ne vai devi lasciare un buon profumo, così ti ricordano più volentieri, per questo scorreggiare é vietato per le convenzioni sociali. Lasciare profumo non é poi così difficile, anche senza spray. Basta un sorriso, una sincera preoccupazione, un sincero complimento. Dopo, vedi tutti col naso per aria a cercar di capire da dove viene quel sottile aroma di vaniglia, di legno di sandalo, di rosa, di cannella, di cannabis, a seconda dei gusti. Quelli che non alzano la testa vuol dire che hanno il naso chiuso e il culo aperto e vivono nell'aria scorreggiona, quella pesante, visto che cala verso il basso, anche se calda. Puoi provare anche con loro perché il profumo di un fiore vince la puzzetta più potente, anzi cresce meglio e diventa più forte, più vivo, con tutto quel concime naturale a disposizione.<br />
<br />
Comunque sia, poi la giornata é passata. Che peccato, me la godevo proprio.<br />
<br />
Mi rifarò oggi, anche senza compleanni, senza feste dei papà, senza il lavoro, senza il piccione, ma con tanta voglia di vivere, quella che avevo perso, sperduta nella nebbia bassa di una vita scorreggiona, senza sole. Senza quel sole che é appena uscito e che gioca a nascondino con le stelle mentre si insegue con la luna nel cielo, senza quel sole che ci fa brillare come una mina e ci fa esplodere in mille pezzetti, mille piccoli cuori che pian piano, cullati dal vento, scendono a terra odorosi, profumati e misteriosi.<br />
<br />
Misteriosi come la vita, come la prossima giornata, come il prossimo amore.<br />
<br />
Misteriosi come noi, come me, come te, come lui, come lei, fiammelle che passano, si girano, si incontrano e si lasciano, si ricordano e si scordano, come una vecchia chitarra che riprende vita fra le dita di un giovane musicista grazie allo spartito di una musica dolcissima, del canto degli angeli, del suono delle stelle, della voce delle balene e dei delfini, del sorriso di una piccola fragola.<br />
<br />
E se provi tante cose sfiorato da una merda di piccione, vuole dire che la vita é meravigliosa.<br />
<br />
Tientela stretta.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-63733673950150357302010-03-19T22:26:00.002+01:002010-03-19T22:34:34.411+01:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3kHkoR9KyvydJEDwrvbw-z4FpnII3ispvDp14_LlScYABCUfdbXIbD0fxJqSirGkO3ODnzxrTDFUrMYjpAn0xZU9yFpQxmCTY0ydI1CE1RQLX-f_-ZzybA7_LsQjM1aH9JQGWNiT5Iw0/s1600-h/8222_1149715336437_1034190444_30403486_7241203_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3kHkoR9KyvydJEDwrvbw-z4FpnII3ispvDp14_LlScYABCUfdbXIbD0fxJqSirGkO3ODnzxrTDFUrMYjpAn0xZU9yFpQxmCTY0ydI1CE1RQLX-f_-ZzybA7_LsQjM1aH9JQGWNiT5Iw0/s320/8222_1149715336437_1034190444_30403486_7241203_n.jpg" vt="true" width="240" /></a></div><br />
<strong>Stanotte ho sognato un Angelo.</strong><br />
<br />
Stanotte ho sognato un Angelo, dalle ali bianche come la neve, ali soffici di piume, ali leggere come fiocchi di neve, ali gentili come una mano che ti sfiora, ali pure come un sorriso, ali grandi come l'Amicizia, ali forti come la tempesta, ali leggere come un sorriso, ali pesanti come una lacrima, ali dolci come un nettare, ali veloci come il vento, ali calde come il sole, ali sincere come l'Amore, ali vere come la gioia di un bambino.<br />
<br />
Stanotte ho sognato un Angelo, dalla pelle di mille colori come il destino, pelle soffice di lana, pelle leggera come gocce di rugiada, pelle gentile come uno sguardo, pelle pura come il cielo del mattino, pelle grande come l'Amore, pelle forte come il mare, pelle leggera come un fiore di pesco, pelle pesante come la sofferenza, pelle dolce come il miele, pelle veloce come un respiro, pelle calda come una stella, pelle sincera come l'Amicizia, pelle vera come gli occhi di una bambina.<br />
<br />
Stanotte ho sognato un Angelo, seduto vicino a me, che mi parlava, rideva, giocava, viveva, sorrideva e mi accarezzava e io lì con tutta la fortuna del mondo che stavo lì, piccolo piccolo vicino a lui, ma tanto felice.<br />
<br />
Stanotte ho sognato un Angelo, che spiegava le ali e mi portava su, nel suo cielo, su, nel suo mondo, su, fra le sfere celesti, su, fra le stelle, su, finché il mondo non diventava un granello di polvere perduto nell'immensità e a me sembrava di poterlo tenere sulla punta di un dito, così delicatamente e così per sempre come se tutte le preghiere che eleviamo al nostro Dio misericordioso potessero ricongiungersi e regalarci tutto l'Amore dell'Universo, e non solo.<br />
<br />
Stanotte ho sognato un Angelo, che apriva le braccia e mi stringeva, forte e ancor più forte ed io sentivo il battito del suo cuore confondersi col mio e diventare una musica di sottofondo, limpida come l'acqua, veloce come una cascata, potente come uno tsunami, ricca come le stelle di tutti i colori dell'Universo.<br />
<br />
Stanotte ho sognato un Angelo, una carezza. <br />
<br />
E al risveglio sentivo ancora il suo profumo, bello come la vita.<br />
<br />
Ho chiuso gli occhi e sorridendo son volato via con le sue ali, che mi aveva regalato.<br />
<br />
<em><span style="color: red;">Grazie per le ali, angelo mio. GM</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-48073786334943053792010-03-18T22:04:00.006+01:002010-03-19T22:37:03.325+01:00<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;"><strong>Oggi sembrava la prima primavera, l'inizio della storia, la lettera "A", l'alba, i primi battiti del cuore, una luce lontana, due raggi del sole fra le nuvole, un sorriso, le sette sorelle, il numero uno, l'incipit. </strong></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">Già la intravvedevo in lontananza, dopo la notte insonne, la montagna coperta di neve. Gli appennini, le ande, la grande pianura sotto il cielo, sotto la luce rosa sfolgorava la terra e io con lei. Anche se non ho dormito, appena messo fuori il muso e assaggiato l'aria del mattino ero di nuovo riposato, ritemprato, rinforzato, riscaldato, pronto a partire alla scoperta del tempo prezioso dell'oggi. </span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">In fondo, cos'é il tempo? </span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia, "Times New Roman", serif;">Il passato é passato e non ritorna, rimane nei ricordi, lo trovi a mezz'altezza davanti agli occhi, fuggevole. Di ogni giorno passato rimane un pezzetto che si incastra nel grande puzzle della memoria, ogni giorno più fioco, ogni giorno indistinto a mescolarsi nel calderone in ebollizione, nella pentolina a pressione della nostra testolina. Ogni giorno evapora un poco, lievemente, senza dar fastidio, pian piano. Fiocchi di neve che cadono e si sciolgono e poi sfumano nel silenzio dell'aurora e non li trovi più.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Il futuro é futuro e non sappiamo come sarà, facciamo pensieri, congetture, proiettiamo speranze sul telone di un cinema all'aperto, finzioni, voglie, desideri, fortune, pensieri. Chissà, ci chiediamo. Forse, speriamo. A volte potrebbe, ma... domani é un'altro giorno, si cambia, si scende, arriveremo alla stazione o rimarremo fermi lungo la strada ferrata con il nostro carico leggero, tutto proiettato in una piroetta in ciò che verrà, in ciò che sarà, se sarà.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Allora il tempo é l'oggi, l'oggi é il tempo. </span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Ora. L'</span><span style="font-family: Georgia;">attimo. Non fartelo sfuggire. </span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Prendo il giornale, buongiorno. Due passi sotto il portico, prendo un caffè, lascio un saluto, vado al lavoro, incontro un cliente, saluto, mi rigiro, scrivo, leggo la posta, cerco una penna, dov'é l'agenda, vado, torno, rientro verso sera, verso... perdo tutte quante le due gocce del mio cucchiaino d'olio o me le tengo strette senza godere di ciò che mi circonda? Lo perdo? Me lo tengo fin troppo stretto o mi rilasso, mi allungo, divento un coriandolo, strana alchimia, volerò via...</span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">... e se volassi oggi? Sarei pronto a volare?</span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Ho fatto tutto, vissuto tutto, provato tutto, goduto tutto, mangiato tutto, guardato tutto o ne manca sempre un pezzo? E mia moglie, avrei potuto amarla di più, meglio, starci più insieme, parlarci, avrei potuto... e mia figlia, avrei potuto starle più vicino, regalarle più di me, giocarci, spiegarle, sorridere insieme... e gli altri miei amori, lei, lui, anche lui, sì, dopotutto lo amo. Anche lei, certo, avrei potuto darle di più, sono stato egoista, che me faccio adesso? </span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Sono rimasto io solo, solo senza un sorriso giorni interi, ma ne ho ancora, sì, certo che ne ho, li ho sempre avuti anche se non li ho tirati fuori. </span><span style="font-family: Georgia;">In questo tempo dell'oggi, allora, decido di lasciar sorrisi come semini sul sentiero della vita, se attecchiscono rimane qualcosa di me e anche se dovessi volar via e sarebbe come se non fossi mai volato via... che casino, ma bello.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Buongiorno, giorno. Sarai un buon giorno, lo so.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia;">Buonanotte, notte. Sarai una gran notte, certo.</span><br />
<br />
<em><span style="color: red; font-family: Georgia;">Dedicata a chi cerca di pensare positivo, nonostante tutto... GM</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-17564785840178183622010-03-18T00:18:00.005+01:002010-03-18T08:12:09.974+01:00<strong>Stanotte Guglielmo Maria soffre, intristisce e l'apparenza inganna.</strong> <br />
<br />
Quello non é lui, non é il suo sorriso, non é la sua gioia. Guglielmo Maria ora resta in silenzio, affida al mare poche parole, un messaggio chiuso in bottiglia che sparirà in balia delle correnti. Guglielmo Maria urla in silenzio, grida in silenzio, dentro di lui c'é dolore lacerante e pianto e spera di dormire, stanotte, invece di affogare negli incubi, nell'angoscia, nelle lacrime trattenute perché gli uomini non possono piangere.<br />
<br />
Guglielmo Maria si sente impotente, inutile. Vorrebbe poter fare, vorrebbe poter dare, vorrebbe regalare i sogni a chi sogni non ha, vorrebbe regalare pace a chi pace non trova, vorrebbe offrire serenità e amore a chi non sente serenità e amore. Guglielmo Maria vuole essere diverso, essere più forte, essere migliore, essere di appoggio, essere, semplicemente essere. <br />
<br />
Essere un amico, essere un amore, essere vicino a chi non sente nessuno vicino, in questo momento, ora, non domani, ora non chissà quando, ora, subito, anche prima.<br />
<br />
Se tutte le forze del mondo, del cielo, della terra, degli astri, del paradiso e degli inferni potessero spingerlo e farlo volare, lui volerebbe là dove non può, andrebbe là dove non può, starebbe là dove non può. Guglielmo Maria é lacerato, crepato, smontato pezzo per pezzo, carne, muscoli, cuore, fegato, ossa, sputo, nervi.<br />
<br />
Guglielmo Maria non può gridare, é muto. <br />
<br />
Guglielmo Maria prega, prega fortissimamente quel Dio buono che può con la sua carezza far volare gli angeli, restituire la vita ai morti, ridare un figlio a una madre sopra a una croce, guarire i dolori, i troppi dolori che si accumulano uno sull'altro e calcificano e pesano e dannano l'anima e portano alla morte così velocemente, anche se rimandi, rimandi, rimandi.<br />
<br />
Guglielmo Maria grida, si tende come un arco, pronto allo scoccare della freccia. L'amore é la sua forza, la vita é la sua fede, l'impotenza le sue catene, il dolore il suo fardello.<br />
<br />
Dio misericordioso rimani con noi questa notte e scaldaci con il tuo alito di vita.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-50650319640525097712010-03-16T20:32:00.004+01:002010-03-16T21:49:58.830+01:00<strong>Oggi nell'Isola Felice é partita la sagra delle pelli. Pelli nere, pelli marroni, pelli gialle, pelli senza capelli, pelli su pelli, pellicine, pelli nude scoperte, pelli anche troppo coperte, pelli e mantelli, pelli e coltelli, pelli e fratelli.</strong><br /><br />Pelli che si mostrano quando accavallano le gambe, pelli che si stringono in abbracci senza amore, pelli osservate, pelli nascoste, pelli accellerate, pelli espresse, pelli intercity, pelli ad alta capacità, pelli e gemelli, pelli e cappelli, pelli in pelliccia, pelli e cartelli. Quanti cartelli, nell'Isola Felice, troppi cartelli.<br /><br />Troppi cartelli, che non li legge nessuno. Troppi castelli, troppi coltelli, troppi bordelli, troppi cammelli. Io volere dounna, tu vendere me dounna? Io dare due cammelli, per tua dounna. Se tu mi dare dounna io dare te segreto felicità. Tu non dare me dounna? Io mandare te paese di fancoulo, se non mi dare dounna. Se troppo fancoulo in Isola Felice, Isola non più felice. Se Isola non più felice, Isolani molto arrabbiati. Se tu dare me tua dounna, Isolani tornare felici. Tu chiaro cosa dire io?<br /><br />Io chiamare Guardia e Rex se tu non smettere rompere maroni con dounna dounna, cammello cammello, capito capito? No, perché, te lo ripeto due volte, smammare smammare! Qui si lavora, qui si incontrano la domanda e l'offerta, il compratore e il venditore, il baier e l'aspirina. Via! Via!<br /><br />Un cappotto color cammello era un simbolo di imprenditorialità, nell'Isola Felice. Ora anche lui giace dimenticato nell'album dei ricordi, come mille altre cose, come mille altri ricordi, altri odori, altri visi, altre coscie, altri culi. Quanti culi nell'Isola felice. Culi rinforzati, culi pusciappati. Pusciap per i glutei, se li vuoi come JLo. Te li prometto, basta il pusciap e mille euro. Facciamo novecentonovantanove, va, che sono buono. Quanti pusciap nell'Isola Felice. Il paradiso dei pusciap.<br /><br />Bisogna fare attenzione a rimorchiare, nell'Isola Felice. Se ti ci metti d'impegno, ottieni risultati. Ga-ran-ti-to. E' anche troppo facile rimorchiare nell'Isola Felice, chissà perché. Forse perché lei ha bisogno di soldi, sarà per la crisi, sarà perché é così. Lui invece i soldi li ha, perché produce nel Sichuan, quindi arriva e parcheggia il Cayenne. Allora lei e lui si incontrano, si guardano, si accordano, si appartano, si scambiano baci, slinguazzate e cinquanta euro. Poi lui si ricompone e lei rimane una volta di più ferita, anche se ha cinquanta Euro in più. Anche lei si ricompone, pezzo di puzzle nell'Isola Felice.<br /><br />Bisogna fare attenzione a rimorchiare, nell'Isola Felice. Ti porti in albergo la hostess, lo steward e tutto il personale di bordo. Ma sì, dai, facciamo festa! Festeggiamo, godiamo, ad ognuno la sua. Ad ognuno la sua notte, ad ognuno il suo pezzo di felicità, puoi star sicuro. Ma sì, che vuoi che sian due righe? Se no domattina chi si sveglia, cazzo. Va beh, me le faccio domattina, così mi metto in moto subito, sono una Ducati Desmosedici. Tu invece sei un Ciao, non vai di moda. Ah, la moda... ma é passata di moda, come Domitilla Pizzi.<br /><br />Bisogna fare attenzione a rimorchiare nell'Isola Felice. Se passa il carro attrezzi sono guai, meno male ha tirato diritto. No, che stronzo, si ferma dal mio Cayenne. Solo perché é nel posto degli handicappati. Minchia mi son dimenticato del contrassegno della nonna, porca l'oca. Dove l'avevo messo, sarà nel bauletto, di fianco ai preservativi. Sai, non puoi andare nell'Isola Felice senza i preservativi, però se li lasci nel bauletto sotto il sole si scaldano e si rompono. Vabbé, cazzi suoi, tanto chi la vede più? Ehi, tu del carro attrezzi, tieni, cento euro e ti scordi del Cayenne, dai, non rompere i coglioni. Duecento?<br /><br />Bisogna fare attenzione a rimorchiare nell'Isola Felice, ma attenzione attenzione. Ci vuole attenzione, attenzione al cliente, attenzione ai colori, attenzione ai telefoni, attenzione all'attenzione, attenzione ai servizi, attenzione ai bianchi, ai neri, ai gialli, ai verdi, ai rossi, ai viola, ai fucsia, ai blu, ai marroni. Attenzione ai marroni, se passi di qui li perdi, quindi mettiti il caschetto e le scarpe e datti una martellata sulle palle, prova, non fa male. Palle di pelle, povera pelle, povere palle, poveri noi.<br /><br />Attenzione alla temperatura, se é troppo freddo gelo e ti chiedo i danni per il raffreddore, se é troppo caldo sudo e ti chiedo i danni per le macchie sulla camicia, se non é caldo né freddo non so come stare e mi viene la crisi di identità, quindi ti chiedo i danni. Mia moglie ha sbattuto contro un palo, dottore. Lo scriva, lo scriva che il palo non era segnalato, che non poteva star lì, che si é mosso, lo scriva, mi servono proprio tremilacinquecento Euro. Mia figlia ha vomitato, dottore. Lo scriva, lo scriva, sarà colpa dell'aria condizionata, troppo alta, del riscaldamento, troppo basso, del panino alla merda. A me é venuto duro, dottore. Lo scriva, lo scriva che poi ci penso io a chiedere i danni, dottore, che mi si sono impiastricciate le braghe, lo scriva, lo scriva.<br /><br />Lo scriva, dottore, lo scriva.<br /><br />Ma dove lo scrivo che abbiamo finito la carta?<br /><br />Ho quella riciclata, però dietro c'é una raccomandazione.<br /><br />Ah, perché c'é ancora qualcuno che ci crede, all'Isola Felice?Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-9796392260954177242010-03-15T20:58:00.010+01:002010-03-19T22:36:14.036+01:00<strong>Anche questa, per fortuna, é una storia vera.</strong><br />
<br />
Se vi domandano come si riempie un buco nella pancia, potete rispondere che dipende da come si é creato, il buco nella pancia. Al mondo infatti c'é uomo e uomo e c'é donna e donna e c'é buco e buco e ognuno ha il suo buco, diverso dagli altri. Il mio, per esempio, sembra che non si possa riempire mai, perché non sta mai fermo, quindi pare impossibile metterci dentro qualcosa.<br />
<br />
Mi sono accorto di avere un buco nella pancia appena appena adolescente, con i primi turbamenti ormonali, quando i miei pensieri, che nascono nel cuore, cercavano di volar via insieme a tutto l'entusiasmo del mondo ed erano puri e di fuoco e con la voglia di fare, di scoprire e di amare. Spesso, però, quando sembrava dovessero raggiungere le stelle per qualche motivo tornavano alla base, richiamati dalla forza di gravità sprigionata dal buco nella pancia, che é una delle forze più grandi e più tristi del mondo.<br />
<br />
I pensieri allora tornavano indietro, ghiacciati, dolorosi, neri e si infilavano introversamente nel buco della pancia, dovunque esso fosse in quel momento, fosse vicino allo stomaco, fosse sul pancreas, fosse su di un neo, sopra una tetta o sotto l'ombelico. I pensieri tornavano a me, richiamati da quella forza potente, e, con un male che solo dopo avrei capito quanto forte, si schiacciavano contro il mio corpo e piano piano mi rivestivano, mi ricoprivano. Più il mio cuore si sforzava, anche senza sforzo apparente, di partorire pensieri di fuoco, pensieri caldi, pensieri d'amore più questi ritornavano indietro e mi si attaccavano intorno come una glassa di scadente cioccolato al minimo sindacale di cacao.<br />
<br />
Glassa oggi, glassa domani, ormai mi sentivo un mottarello senza stecco, inutile, sterile, malinconico, di quelli che non riesci neppure a mangiarli con gusto perché ti sporchi tutte le mani. Sicuro che da fuori sembravo un bel cornetto, quello col posto per le mani, fatto apposta per essere gustato, essere accarezzato, essere scoperto poco a poco, morso a morso, con appassionata dolcezza. Da dentro, invece si vedeva che ero uno scarto di fabbrica, una terza scelta, un ghiacciolo monco, sciolto sotto il sole, al gusto di cerume.<br />
<br />
Però a diciott'anni fai presto a raccontarti delle storie e fai presto anche a crederci, alle favole che ti racconti, come per un pubblico babbeo da un esperto narratore. La glassa non volevo vederla, ma c'era, non volevo toccarla, ma pesava, non volevo guardarla, ma essa brillava umidiccia nella sua marronitudine spenta di pensieri schiacciati da una pressione sette volte sette quella atmosferica, ma per me era come se non ci fosse. Me la portavo in giro quaranta giorni e quaranta notti usando tutta la forza che avevo, rimanendo in area di galleggiamento quasi senza ossigeno. Ma non volevo accorgermene e così tiravo avanti, anche se non me la tiravo. Io la lasciavo crescere, e lei cresceva.<br />
<br />
La prima luna fu lunga e stressante, non più adolescente ma nemmeno uomo, anche se a me sembrava il contrario, perché mi dava fiducia. Ero tutto bozzolato dalla glassa del buco della pancia, cosa che mi impediva anche di stare al cesso in santa pace, però riuscivo ancora a confondermi bene, tutto sorrisi e gentilezze. Dentro però morivo poco a poco, la mancanza d'aria mi seccava i polmoni, li accartocciava e mi non mi faceva respirare, tranne proprio quando non ce la facevo più e allora mi sfogavo. Il cuore faceva il superlavoro, per fare uscire amore dalla larva che ero diventato, ma ormai confondevo l'amore con qualcos'altro e non mi seguivo più nemmeno da solo.<br />
<br />
La seconda luna non é mai esistita nella realtà e forse per quello mi sentivo meglio. Me la ricordo davanti alla baracchina dei gelati mentre si aspettava il pulmino che ci portava a lavorare, io, lei e la glassa.<br />
<br />
La terza luna fu corta e passionale, ma non ero io quello che stava accanto a lei, era il mio sims. Ero diventato un videogioco. Un videogioco ben fatto, certamente, ma sempre un videogioco. Un surrogato del mondo nel quale hai la pretesa di essere il tuo Dio, di poterti guidare e di poterti portare, ma avevo sempre il culo incollato alla sedia elettrica, collegato con gli elettrodi alla realtà virtuale, al mondo della frutta candita, alle scelte che qualcun'altro faceva per me, fosse il mio Dio (Dio mio!), la mia seconda o la prima ridotta, più probabilmente la retromarcia.<br />
<br />
La quarta luna mi portò a quel paese e ne aveva tutte le ragioni del mondo. Aveva le ragioni sia del mondo reale che del mondo virtuale insieme, infatti non é male riuscire a fingere anche con se stessi, fingendo di fingere, fingendo di vivere. Vivere fingendo o fingere di vivere, ma cosa é meglio? Certo sarebbe meglio vivere per vivere ma, causa la glassa, ormai fingevo di fingere ed ogni sera mi accartocciavo piangente dentro al bozzolo, sotto la glassa ed il cerume aveva lasciato il posto alla blefarite e alle lacrime secche. Non avevo più sali né acqua, fingendo di aver vita.<br />
<br />
La quinta luna mi diede la mano e io le allungai le bende della mummia. Spero non si sia mai accorta della carne putrida che sotto era il paradiso dei lombrichi. A me però pesava sempre di più e mi piegavo sotto il peso dei sensi di colpa, sotto il peso della glassa del buco nella pancia, ragionando in termini sequenziali sotto i pesi che ormai portavo ogni giorno con me. Non riuscivo più a vedere il sole, ne dimenticai persino l'esistenza ed ero diventato un disperato, erotico stomp.<br />
<br />
La sesta luna voleva cavalcarmi a lungo, ma io resistetti perché non volevo altri pesi, altre storie tristi da raccontarmi, altre bugie alle quali credere. Forse (forse!) qualcosa cambiava in me, diventando più vecchio, come mi raccontavo io. La glassa si induriva, si seccava, lasciava passare il freddo, il ghiaccio, le notti insonni, ma anche il caldo, l'afa, la puzza di sudore ed il bruciore negli occhi dopo che le lacrime si erano di nuovo seccate tutte. La glassa puzzava di merda, ma con una bella spalmata di arrogance si riusciva a sopravvivere.<br />
<br />
La settima luna era quella del luna park, per dirla alla Lucio Dalla. Peccato che fosse saltata la corrente e neppure i generatori fossero in funzione. Io mi bloccai in cima alla ruota panoramica, da dove potevo vedere tutto il mondo. Più che ad un uomo assomigliavo alla cimice di Men in Black, quella che cercava la cintura di Orione. Io più modestamente mi sarei accontentato di una cintura di sicurezza, per non cadere dall'ultimo piano, ma non riuscivo a vedere neanche quella, visto che non c'era la luna ed il mondo era fatto di moplen.<br />
<br />
Alla fine l'ultima luna mi ha accettato per come sono, cullandomi nel sogno e riuscendo a farmi vedere il mondo a testa in giù. Come dice lei "non esiste un giorno così lungo per cui il sole non possa permettermi di tornare, pura e meravigliosa, ad accarezzarti gli occhi fino a farti dormire sereno con la mia carezza". Nella purezza della luna e della notte alla fine la glassa si é rotta ed io sono uscito dall'uovo.<br />
<br />
Ed ora siete liberi di scrivere ciò che volete, sono diventato una lavagna e lì a destra ci sono i gessetti colorati e il cancellino.<br />
<br />
Colorate, gente, colorate.<br />
<br />
<em><span style="color: red;">Un grazie speciale al Cavaliere Jedi, lui sa il perché... GM</span></em>Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-12550651299166042732010-03-14T09:41:00.006+01:002010-07-15T22:24:24.464+02:00<strong>Ieri sera da qualche parte nel mondo sarà sicuramente piovuto perché sono andato a sentire un concerto jazz a Gran Burrone insieme a Jonni Whitening, quello del dentifricio. La sala era piccola, raccolta, rotonda, profonda quanto basta, alta abbastanza e con le sue belle uscite di sicurezza da usare se ti scappa improvvisamente da pisciare e non vuoi passare sulle teste di chi come te é lì per vedere i colori della musica.</strong><br />
Sarà stato dall'alto medioevo che non andavo ad un concerto jazz, che non mi ricordavo neanche come fossero fatti gli strumenti e i musicisti ma sarà stato dal basso medioevo che non andavo fuori al saturday evening con qualcuno che non fosse Mrs.K. o sua sorella, Giovanna la Pazza. Che sia l'inizio di un nuovo Rinascimento? Nel caso vorrei trovare un nuovo Savonarola, tanto per parlare un pò dei roghi ed una nuova Giovanna d'Arco, la putrella d'Orleans, per vedere se davvero vuole rimanere vergine anche davanti ad uno come me.<br />
<br />
C'era parecchia gente al concerto jazz, forse tutti i parenti dei suonatori, infatti si salutavano, si scappellavano e si raccontavano cazzate da stagione delle pioggie. C'erano qualche labbra rifatta, qualche tetta rifatta, qualche ricotta, una ribollita e un ribes solitario appeso al lampadario. Volavano nell'aria odori, profumi, puzze e parole, tante parole che prendendone alcune a caso si poteva imbastire un discorso di Emilio Fede per il cappotto del premier. Le parole pesanti scendevano a terra, quelle leggere salivano in alto, nella cupola, ma le parole normali rimanevano all'altezza della testa ed ogni tanto qualcuna ti entrava in un orecchio, spingendo in là il cerume. Gran Burrone é un paese piccolo, infatti la gente mormora.<br />
<br />
Alle dieci, con la puntualità di un treno svizzero, i musicisti si sono messi in moto. Erano tre, uno abbronzato ben più di Barack Obama, uno pelato con l'orecchino, uno normale col contrabbasso ed uno con in testa il mocio Vileda che suonava il Sax. Quello normale era straordinario, quello abbronzato ogni tanto belava come una pecora nera, quello pelato ci dava di schiena e quello col Sax era di Gran Burrone, ma sembrava lì per caso e guardava il soffitto incuriosito.<br />
<br />
Quando parte la musica io chiudo gli occhi e apro le orecchie, visto che non sono capace di far due cose in una volta, specialmente in pubblico, persino respirare e contare le pecore. Una volta forse ci riuscivo, ma ora, dopo le guerre postatomiche mi riesce quasi impossibile, quindi tutte queste cose me le tengo per me stesso. In sala non c'era un palco, tranne qualcuno su qualche testa qua e là. Ma cazzo, potevano togliersele, mi chiedo che cosa vieni a fare ad un concerto jazz con le corna che rovinano l'acustica e attirano gli sguardi dei masculi sulla labbra della tua signora, eddai!<br />
<br />
Però quando é partita la musica é stata tutta un'altra cosa, un'altra vita e i colori sgorgavano fuori come se fossero lì pronti a partire sin dall'inizio del mondo. Il pianoforte era una grande ostrica piena di perle in bianco e nero, come un collier. Il contrabbasso era una donna grassa, dai fianchi larghi e la testa sottile, appena uscita da un quadro di Modì, mentre la batteria si scomponeva in una telepromozione di pentole, piatti e bacchette da ristorante cinese, ma col cameriere nero. Il Sax erà lì, in un angolo, e ogni tanto spuntava fuori che sembrava la sirena di una nave nella nebbia nera di Porto Marghera.<br />
<br />
La musica é a colori, se non lo sapete, ma se ne accorgono solo quelli come me, anche se sono più felici ma meno belli. L'ostrica spande una musica blu e qualche volta trasparente, come le gocce d'acqua o i fiocchi di neve nel vento. L'ostrica la devi ascoltare in orizzontale, possibilmente alla stessa altezza il che crea qualche problema di levitazione e di digestione specialmente dopo mangiato. Qualche volta il blu ti lambisce i piedi, in questo caso forse non ti entrano più nelle scarpe. L'ostrica va ascoltata con le infradito, ma senza sigaro.<br />
<br />
Il Sax fà una musica rosa, rosa fucsia e qualche volta rossa, come la faccia di quello che lo suona. La musica del Sax sale verso l'alto attorcigliandosi come un serpente attorno ad un albero di mele. Devo ancora trovare la musica di un Sax che faccia la lap dance, anche se é sensuale lo stesso. La musica del Sax é ubiqua, perché i musicisti possono spostarsi dove vogliono e, se trovano una bella figa, anche sedersi sulle di lei ginocchia a patto di non essere troppo pesanti.<br />
<br />
Il contrabbasso é eccitante come un film porno, ma il perché lo so solo io. La sua musica é marrone e arancione, come i passi del sole sul mare, come le impronte di un lupo sopra la neve, come i battiti del cuore, che non sono rossi neppure loro. Il contrabbasso sembra sempre l'ultimo a contare, invece è quello che dà il ritmo a tutto, come il respiro. Quando tutti tacciono, l'unico che senti é il contrabbasso, ma all'altezza del cuore.<br />
<br />
La batteria, quella di Barack Obama, sembra una videoconferenza perché la vedi anche alzando gli occhi, riflessa nel cielo trasparente delle nostre anime. Quando suona la batteria c'é da aver paura, può essere frusciante come Jack, ma se esce dal gruppo allora il cielo diventa scuro e pieno di lampi. Il suono della batteria é giallo come i fulmini e secco come un brut de brut, ma ti arriva dritto al diaframma in tre nanisecondo, tu non te ne accorgi neanche, come quando ti innamori di un Cavalieri Jedi. Della batteria, se scoppia, rimangono solo particelle sospese nell'aria e prese da un vortice e portate sin nella nebulosa del Cavallo, dove diventano un fuoco artificiale.<br />
<br />
L'unica cosa sicura in un concerto jazz sei tu.<br />
<br />
Fermo lì, come un isola del Pacifico, ma investito dallo tsunami.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-11902328014956643462010-03-13T16:43:00.004+01:002010-03-13T18:56:28.091+01:00<strong>Le stelle non sono solo dei bomboloni di idrogeno e di elio laggiù nel cielo profondo, non sono solo le luci lontane, non sono solo miliardi di miliardi disperse fra le galassie dell'universo, ma sono qualcosa di più e qualcosa di meglio e ognuna ha la sua storia da raccontarci.</strong><br /><br />Le stelle sono di mille colori e di mille grandezze, stanno da sole e in coppia e ogni tanto si incontrano in un punto tutte insieme e iniziano a danzare e danzando cantano la loro canzone e cantando sorridono e sorridendo ti guardano e guardandoti ti amano, anche se sei l'ultimo stronzo sulla Terra e non ti ricordi neppure il tuo nome se ti riconosci allo specchio.<br /><br />Qualcuna di loro ogni tanto sfreccia qui vicino, ci sfiora e lascia la sua scia leggera nell'aria, gioia incosciente nebulizzata, polvere d'oro galleggiante ad un passo da te che ti basta allungare la mano per cambiare colore, per passare dal rosa all'arancio, dal limone alla ciliegia e diventare ricco come non potresti esserlo mai e ti basta respirare per vivere, per vivere bene.<br /><br />Le stelle talvolta vengono a trovarci nei sogni, anche in quelli ad occhi aperti, anche in quelli dei poveri, anche dentro le baracche, nei sogni fatti sotto le coperte di cartone, anche in quelli, certamente, perché le stelle sono democratiche e si fanno vedere da tutti, anche se preferiscono gli ingenui, i puri e i bambini piccoli, perché loro non si mettono maschere che nascondono il cuore. Infatti ci vuole il cannocchiale del cuore per veder le stelle e se non ce l'hai vedi solo dei lumini, che tanto vale andare al cimitero, se non ce l'hai magari credi di vederle, invece vedi tanti accendini che prima o dopo si spengono, quando finiscono il gas con una scoreggia sibilante.<br /><br />Se le stelle ti abbracciano ti portan con loro e allora voli sopra il mondo, come sulla slitta di Babbo Natale, come se tu fossi la piuma di Forrest Gump che sa dove andare, non quella che viene portata chissà dove dal vento. Le stelle sanno sempre dove devono andare e se vogliono venirti a trovare puoi nasconderti dove vuoi e loro riescono lo stesso a pescarti. Puoi nasconderti in casa, puoi infilarti nel letto, puoi spegnere le luci e far silenzio, puoi anche far finta di non respirare, ma se una stella é per te, quella stella ti scoverà ovunque tu sia e qualunque tempo faccia fuori dalla porta. Una stella non si preoccupa per tre gocce d'acqua, non si preoccupa per due fiocchi di neve o per il vento gelido.<br /><br />Il bello delle stelle é che vivono milioni di anni e quindi per loro siamo veramente dei sospiri sfuggenti, così ce la mettono tutta per donarci la felicità. La felicità che a noi sembra impossibile per loro é un respiro, un singhiozzo. Quando una stella ti vuole bene allora tu sei inondato d'amore, tantissimo amore che se anche lo regali a piene mani un pezzettino per uno a tutti quelli del mondo te ne rimarrà sempre così tanto che ti basterebbe per dare mille milioni di baci ad ogni persona che incontri per strada e te avanza anche un pò per la tua amica del cuore.<br /><br />Se le stelle ci potessero parlare avrebbero la voce più dolce che esista, la voce più cara, la voce della mamma e la voce del papà, la voce di quelli che non hanno voce, la voce della nonna, quella che ti portava una mentina quando ti metteva a letto e in silenzio diceva una preghiera per te. Se noi volessimo ascoltarle, se volessimo sentirle non lo dimenticheremmo mai, neanche in una giornata di sole, neanche in una notte senza luna, neanche in uno spicchio di cielo sepolto fra case e palazzi, neanche in un vicolo puzzolente, neanche nella stanza 26.<br /><br />Se le stelle non esistessero non esisteremmo neppure noi, che siam fatti di polvere e di terra e di acqua e di sputo però siamo destinati a scomporci in atomi piccolissimi che portati dal vento vengono raccolti da una stella cometa e poi diventiam parte della sua coda, quella che ci accarezza, quella che ci confonde, quella che ci fa vedere le cose come non mai, senza mai tornare indietro, perché indietro non si torna.<br /><br />Se noi non esistessimo non esisterebbero neppure le stelle, perché mancherebbe la materia prima per comporle, per plasmarle, per farne un tutt'uno col cielo, un tutt'uno con la terra, un tutt'uno con ognuno, un tutt'uno con qualcuno. Dentro ad ogni stella c'é la nostra anima, nuda. L'anima che poi prende forma e diventa carne, osso, acqua e sangue e inizia a camminare per le strade del mondo fino al giorno in cui ritorneremo indietro, di nuovo tutti insieme e magari tutti insieme ricominceremo a rifare il giro, senza smettere mai, perché noi siamo le stelle.<br /><br />E se qualche volta le stelle non si vogliono più bene brillano e risplendono come non mai fino a che qualcuno non se ne accorge e va ad accarezzarle prendendole per mano e mettendosi a ballare e col cuore dà il tempo e coi suoi colori si scioglie insieme a loro in un abbraccio stupendo stringendole forte, piccole e frizzanti...<br /><br />... come le nostre vite.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5862906032637790560.post-60079121324320220972010-03-13T08:22:00.006+01:002010-03-13T09:11:27.865+01:00<strong>Il Toscano é il compagno di avventure quando mi faccio i cazzi miei, in fondo a sinistra.</strong><br /><br />Chiudo la porta verso la quotidianità e se la stagione lo permette ne apro un'altra, quella verso il mondo, verso i tetti, i gatti, i comignoli e le rondini, le vespe e le piante, a parte i cactus che sono morti quasi tutti per la neve, ma il gelsomino no. Se la stagione non lo permette io me ne frego e apro la porta lo stesso, però facendo attenzione alla pleurite. A me piace stare lì, con il Toscano. Lo scarto, lo annuso, lo inumidisco, faccio fuoco e tiro due boccate, lunghe e con tutti i vizi sulla faccia della terra stampati sopra. Lo so, lo so, che fa male, ma che ci volete fare, siamo fatti così.<br /><br />Di solito metto su un pò di musica, nel pc, che non ho lo stereo. Frugo fra i cd, soprattutto quelli vecchi, per venti minuti e poi metto su sempre quei due o trecento, tanto per cambiare. Non ascolto la musica, mi lascio trasportare, insieme al mio Toscano, fra le mille sensazioni e rimbalziamo sulle pareti, sui libri, sulle sveglie, sui videogiochi e sui cappelli. Qualche volta ci fermiamo, qualche volta continuiamo a rimbalzare come una pallina matta qui e là e questo mi dà tanto il senso della vita. Spesso rimbalziamo sul computer e diamo una bella smusata sulla tastiera. Chi non rimbalza non mi merita.<br /><br />Una volta io e il Toscano ci siamo fermati su di un pacco polveroso, con dentro mille fotografie. Ne ho sbirciata una ed ho capito che non era il caso, dall'altra parte c'erano i miei diciott'anni, quelli di un secolo fa. Un'altra volta siamo planati sulla collezione di Tex, fermandoci sulla Mesa, ai confini della Riserva. Siamo entrati e due navajo ci hanno offerto un pò di pejote, poi siamo rimasti lì a contar le stelle, ma non ho vinto io. Un'altra volta ancora io ho sbattuto contro il dizionario di italiano mentre il Toscano, che lui l'italiano lo sa già, ha continuato da solo a rimbalzare per settanta minuti, per poi perdersi nel vuoto interstellare. Gli ho dedicato un asteroide, ma credo sia diventato una stella cometa.<br /><br />Ogni tanto crolliamo bruscamente, quando finisce la musica che non ce ne accorgiamo. Allora é come se si fermasse il vento, come se la terra finisse di respirare, come un cuore che smette di battere, come se le palpebre rifiutassero di chiudersi e aprirsi. Di solito non é una bella sensazione, abbattersi sul pavimento. Troppo duro per rimbalzare ma troppo morbido per morire. Lui comunque é lì, vicino a me, nei secoli fedele come i carabinieri di Pinocchio, ma senza il Campo dei Miracoli.<br /><br />Quella volta che il Toscano rimbalzando é finito dentro le mie prime scarpette ed io con lui, siamo stati assaliti da un vortice di sensazioni, tutte rosa e azzurre, con tanto talco ed una macchinina. C'era Checco, il mio somaro, quello della Giordani. Ora i bambini vanno in giro con dei piccoli Suv, tanto per abituarsi, ma noi andavamo in giro su di un somaro, tanto per abituarci. Chissà dov'è finito Checco, chissà dove finiscono i somari quando non sono più con te, ci sarà un paradiso anche per loro, che ci hanno fedelmente accompagnato nella nostra piccolezza?<br /><br />Spesso rimbalziamo sulle riviste di psicologia, di teste e di cervelli, ci infiliamo in mille storie strane, ai confini della realtà. Così ci consoliamo un pò, io e il Toscano. Lui mi guarda con il suo occhio incandescente mentre io lo guardo con i miei e ci facciamo un cenno di intesa, come dire che siam forti, se stiamo insieme. Salutiamo l'allegra compagnia e, sulle ali della musica, planiamo ancora un pò, come il gabbiano Jonathan. Fino alla fine.<br /><br />Fino alla fine della musica, fino alla fine del Toscano, fino alla nostra fine.<br /><br />Poi entriamo nel ciclo galattico di riciclaggio e diventiamo una nuova vita.Guglielmo Mariahttp://www.blogger.com/profile/08498064674838262437noreply@blogger.com0