Guglielmo Maria

Guglielmo Maria
Le Sette Sorelle

sabato 20 marzo 2010

Ieri, per San Giuseppe, un piccione quasi mi ha cagato in testa, ho perso sette capelli per la paura e me ne sono rimasti tre, uno per me, uno per la mia piccola fragola e uno per chi se lo prende, basta che faccia in tempo e prenda il numero per mettersi in fila. Ieri era il compleanno di Mrs.K. che si é alzata alle cinque e un quarto per truccarsi meglio, vestirsi bene, darsi due toni e andare a prendere un cabaret di pastine e salatini da portare al lavoro. Ieri era anche la festa del papà e quindi un poco anche la mia, così abbiamo festeggiato tutti.

La mia piccola fragola mi è venuta a svegliare alle sette meno due comunicandomi in braille che il regalino a Mrs.K. avremmo dovuto darglielo verso le dieci di sera e io l'ho ringraziata per l'informazione così preziosamente anticipata, l'ho tirata nel lettone e le ho dato mille baci, più uno. Intanto Mrs.K. si é presentata a rapporto con un vestito che pareva un televisore che si sta sintonizzando sulla CNN, ma senza il satellite, un vestito che a guardarlo sembrava un elettrocardiogramma di un defibrillatore. I miei occhi hanno cominciato a fare gimmi gimmi e così é iniziata la mia giornata, in cerca degli occhiali. Trovati gli occhiali il vestito di Mrs.K. era in realtà una trasmissione in onde medie, di quelle in cerca di pace, piccole montagne russe perdute nell'etere.

A colazione, latte e cereali e cioccolato, piccole scagliette di cioccolato che quando finisce il latte le trovi tutte sul fondo della tazza e ti dicono mangiami mangiami e io le ho mangiate. Pulire il fondo della tazza dalle scagliette di cioccolato é la parte più bella della colazione, é lo zenit, é il piccolo nirvana delle sette e mezzo del mattino, é farsi una flebo di buoni ormoni che ti aiuta a ripartire di scatto balzando verso l'alto ma senza sbattere la zucca sul soffitto e senza perdere un secondo correre al cesso per le abluzioni quotidiane. La parte più brutta della colazione é lavare la tazza e mettere via il latte, ma, si sa, non si può avere tutto dalla vita.

In casa abbiamo due bagni ma ovviamente stiamo tutti e tre in uno solo, ma quello piccolo. Possiamo scombinare gli orari come vogliamo, come un cubo di Rubik, ma ogni mattina, di ogni santo giorno, ci ritroviamo ad un certo punto in tre nel bagno, stretti come su un vagone della metropolitana ma senza qualcuno che ti tasta il culo. Il più é farci l'abitudine, a non farti tastare il culo, intendo. Se hai nostalgia puoi provveder da solo, strusciandotelo contro il pomello del box della doccia, ma solo se non ti vede nessuno perché sembri una via di mezzo fra Aldo Busi e un portatore sano di emorroidi.

Ieri, comunque, per qualche strana alchimia astrologica prima delle otto ero già pronto. Di solito a quell'ora mi giro dall'altra parte e aspetto un carro attrezzi o una gru che mi tirino su dal letto, invece ieri ero in giocoso anticipo sulla tabella di marcia, come una gioiosa macchina da guerra. Fuori c'era il sole, non come ora che pioviggina e tutto iniziava sotto i migliori auspici. Salutato il mondo virtuale ma reale di Feisbuc e Iutub, i miei due fratelli di mouse, me ne sono uscito, chiudendomi dietro la porta della notte e aprendomi davanti quella del giorno, sfoderando il sorriso Colgate che più Colgate non si può.

Soliti riti a Gran Burrone, giornale, caffè, cazzeggiando sul corso fra i negozi che aprono ed i pedoni che scansano le merde di cane nate in una notte quasi senza luna. A Gran Burrone quelli che incontri per la strada sembrano quasi tutti incazzati, visto che non salutano mai, però io mi rifaccio con la statua che c'é in piazza. Il tempo di una riverenza all'inventore dei fusi orari e poi salgo in macchina pronto al Grand Prix quotidiano, via nel mondo dei pendolari, verso Fast City e l'Isola Felice, verso il lavoro, verso qualcosa che nemmeno io sapevo cosa ma che ci sarebbe stata. Una nuova giornata.

Alla radio sparavano le solite cazzate, devono avere il porto d'armi per farlo così spesso rimanendo impuniti, così nel lettore é finito un cd jazz, del bollettino meteorologico e la strada correva via che sembrava unta, correvano gli alberi ai lati, correvan le case, più veloci quelle vicine e più lente quelle lontane, correvano i segnali stradali, correvano i fagiani e le lepri e l'unico che non correva era il nonno col cappello che occupava filosoficamente il centro della strada con la sua pandina bianca, facendo bene attenzione a lasciare lo stesso spazio alla destra ed alla sinistra della macchina, calcolato millimetricamente, aristotelicamente.

Approfitto di uno slargo e lo passo, mentre davanti mi si profila bianco e blu il Ducato della polizia locale, gli ex-pulismani, ma non mi fermano perché bloccano quello davanti. Siccome ognuno di noi si può giocare un pezzo di culo ogni giornata ecco che io mi gioco il mio, puntando sul verde dell'autovelox così come un infurbito giocatore d'azzardo. Prego tanto che non mi prendano la targa, anche se andavo tanto piano che il nonno col cappello mi ha raggiunto e fatto i fari. Perchè tutto nella vita ritorna indietro, basta aspettare. La targa, quando sono arrivato all'Isola Felice era ancora lì e questo voleva dire che non me l'avevan presa. Almeno spero.

Parcheggio e mi dò un tono pure io, mi schiarisco la voce ruttando da solo in macchina con la forza di Placido Domingo e apro la portiera, pronto alla tenzone. E, subito, schivo la cagata del piccione, che mi sfiora come una stella cometa in caduta libera, destinata al centro della terra. Mi vien da pensare che oggi sia la mia giornata fortunata, passare due secondi prima mi avrebbero fermato i vigili, uscire due secondi prima sarei stato colpito dalla merda interstellare. quante cose in solo due secondi. In effetti due secondi possono cambiarti la giornata facendoti passare dall'allegria arancione alla paura blu o all'incazzatura nera, ma anche il contrario però. Non é il bello della vita?

Il bello del lavoro invece deve ancora venire, sono quasi sei mani che lo aspetto, ma con filosofica sopportazione, uniformato pazientemente ad una forza superiore, rimango qui, come un impietrito gargoyle di Notre Dame che goccia dopo goccia dà con perseveranza un senso alla sua vita. Il bello del lavoro deve ancora venire, anche se preferirei che venisse qualche gnocca, ma, si sa, non si può avere tutto dalla vita, tantomeno le passere degli altri. Il bello del lavoro deve ancora venire. In compenso, se ti butti a capofitto nel mare delle emozioni anche la giornata vola via fra tanti ritrattini e tanti disegnini, fra telefonate e pensieri, fra calcoli e renali, fra euro ed europei, fra stelle nelle stalle e stalle nelle stelle.

L'importante é abbracciare chi vuoi bene, iniziando da te stesso, per passare a lei, a lui, all'altra. Un pensiero non si deve negare a nessuno, ma deve essere un pensiero vero, di quelli che solcano i cieli, non uno di quelli finti, lecchini, laccati, che cadono miseramente con la grazia di un maiale a mensa e si rompono in mille pezzi che se non li togli subito da terra qualcuno li pesta e si fa male. Anche durante il lavoro puoi abbracciare chi vuoi, basta essere se stessi. Gli altri lo capiscono, questo é il segreto. Se gli altri non lo capiscono, don uorry, lo capiranno anche se adesso gli fai consapevolmente compassione e ti guardano come una mucca guarda il treno che passa. L'importante é seminare.

Un mio vecchio capo saggio testa riccia mi disse una volta che quando te ne vai devi lasciare un buon profumo, così ti ricordano più volentieri, per questo scorreggiare é vietato per le convenzioni sociali. Lasciare profumo non é poi così difficile, anche senza spray. Basta un sorriso, una sincera preoccupazione, un sincero complimento. Dopo, vedi tutti col naso per aria a cercar di capire da dove viene quel sottile aroma di vaniglia, di legno di sandalo, di rosa, di cannella, di cannabis, a seconda dei gusti. Quelli che non alzano la testa vuol dire che hanno il naso chiuso e il culo aperto e vivono nell'aria scorreggiona, quella pesante, visto che cala verso il basso, anche se calda. Puoi provare anche con loro perché il profumo di un fiore vince la puzzetta più potente, anzi cresce meglio e diventa più forte, più vivo, con tutto quel concime naturale a disposizione.

Comunque sia, poi la giornata é passata. Che peccato, me la godevo proprio.

Mi rifarò oggi, anche senza compleanni, senza feste dei papà, senza il lavoro, senza il piccione, ma con tanta voglia di vivere, quella che avevo perso, sperduta nella nebbia bassa di una vita scorreggiona, senza sole. Senza quel sole che é appena uscito e che gioca a nascondino con le stelle mentre si insegue con la luna nel cielo, senza quel sole che ci fa brillare come una mina e ci fa esplodere in mille pezzetti, mille piccoli cuori che pian piano, cullati dal vento, scendono a terra odorosi, profumati e misteriosi.

Misteriosi come la vita, come la prossima giornata, come il prossimo amore.

Misteriosi come noi, come me, come te, come lui, come lei, fiammelle che passano, si girano, si incontrano e si lasciano, si ricordano e si scordano, come una vecchia chitarra che riprende vita fra le dita di un giovane musicista grazie allo spartito di una musica dolcissima, del canto degli angeli, del suono delle stelle, della voce delle balene e dei delfini, del sorriso di una piccola fragola.

E se provi tante cose sfiorato da una merda di piccione, vuole dire che la vita é meravigliosa.

Tientela stretta.

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