Guglielmo Maria

Guglielmo Maria
Le Sette Sorelle

sabato 27 marzo 2010

In questa notte di primavera, la prima notte di primavera, il mio istinto cacciatore mi ha svegliato alle tre e un quarto, forse prima, quando il mondo, visto dal mio letto, era una scatola scura con molte ombre e poche luci, ma buone. C'era la luce di un lampione che timidamente si faceva strada fra le tende della finestra, entrando a trovarmi con la leggerezza della mano della mamma che sfiora il proprio bambino, raggomitolato fra le lenzuola, abbracciato al cuscino, ma col nasino tutto rincagnato.

C'era la luce delle stelle, disperse in un cielo nero e meno visibili del solito perché la luna sta diventando piena e vuole sempre più spazio nel cielo. Quella luna che vuole attirare l'attenzione di tutte noi, piccole falene, che proviamo a raggiungerla imbarcandoci in un viaggio probabilmente senza fine perché, forse, non ci arriveremo mai. La luce della luna, là in alto nel cielo, oscurava da sola un bel pezzo della volta stellata e le stelline attorno a lei scomparivano nel fulgore di quell'abbaglio tremendo, persino ai nostri occhi. Stanotte, guardando la luna, ti potevi ferire gli occhi con la sua carezza, tanto era forte.

C'era la luce dei miei sogni interrotti, che svanivano poco a poco dalla memoria, fino a finire del tutto in una manciata di pensieri piccolini, da tenere sulla punta delle dita, trattenendo il respiro. I miei sogni interrotti erano ormai delle palline colorate che rotolavano via lungo la discesa della notte, appena appena brillanti quando si scontravano con i raggi della luna, unica, bella, viva, lassù nel cielo fino a perdersi chissà dove, in qualche anfratto, in qualche scatolina di metallo, in qualche angolino nel cervello. Come perline a terra che scappano via così i miei sogni svanivano nella nebbia della veglia, fra la terra del mio istinto cacciatore che tutto vuole e niente respinge.

C'erano le fronde degli alberi che ballavano al ritmo sexy della notte, di una notte ventosa, di una notte dai capelli lunghi che, scuotendosi di dosso la polvere del giorno, si muovono e danzano anche loro godendo del vento, del soffio della terra, dell'alito di un Dio bellissimo che ci vuole bene e ci permette di rimanere soli nel letto nel cuore della notte, avvolti dai pensieri e dalle coperte, avvolti dai residui dei sogni ormai evaporati e perduti, dentro ad una carezza. C'erano i tetti delle case, lì ad un passo, che ti pare di toccarli allungando un braccio e sembrano la superficie di una piramide immensa di blocchi di granito, chiari come gli occhi marroni della mia bambina quando mi sorride.

E poi c'ero anch'io con il mio istinto cacciatore, tutti e due svegli alle tre e un quarto, a guardare in alto provando ad attraversare i muri, migrando verso il cielo, il cielo nero come la terra fertile quando il Nilo si ritira e torna nel suo letto. Quel mio istinto cacciatore che mi chiama, mi scuote, mi toglie dal sonno, mi sveste e mi riveste, mi sveste e mi riveste e nella ripetizione mi riempie i polmoni dell'aria della notte e le orecchie della musica delle foglie di quegli alberi che, lentamente, ballano al ritmo sensuale della notte e della luna, riflessa dai tetti, fra le ombre del lampione, al di là della scatola di metallo nella quale si conservano i pezzetti dei sogni, pallidi e frammentati, una volta ancora, una volta di più.

Il mio istinto cacciatore si chiama Wile E. Coyote ed il mio destino si chiama Beep Beep. Il mio istinto cacciatore mi fa alzare dal letto alle tre e un quarto di una notte con la luna e mi porta lungo le strade della vita a cercare il mio destino, che non si fa acchiappare. Il mio istinto cacciatore mi porta lì, nascosto dietro un angolo, elaborando complessi disegni per acciuffare il destino, che passa come un treno illuminato alla velocità del suono, si gira e mi fa uno sberleffo e mi dice che non ce la farò mai, che non lo prenderò mai, ma io so che invece non lo perderò mai, basta aver fiducia. Aver fiducia nei tuoi complessi progetti, dei quali non trovi più il capo e la coda, tanto sono mescolati, ma basta stare un passo indietro e guardarli da lontano allora forse puoi capire tante cose.

Il mio istinto cacciatore ha una colonna sonora bellissima, più bella del vento di questa notte, il vento che ha spazzato le nuvole e ci ha regalato un cielo limpido come l'acqua di un laghetto nel quale si specchiano tutte le montagne del mondo, dalla cima sempre ricoperta di neve. Il mio istinto cacciatore, quando vede le montagne, si mette a scalarle per arrivare in cima e quando é lassù, gli basta respirare per sentirsi vivo. Al mio istinto cacciatore piace tirare fuori il binocolo, quando è in cima ad una montagna ed inizia ad osservare pian piano tutto ciò che lo circonda, alla luce della luna. A me invece piacerebbe sdraiarmi, in cima alla montagna, per guardare il cielo che é così vicino, guardare le stelle, iniziare a contarle anche se é impossibile contarle tutte ed allungare una mano per toccarle, anche se é impossibile toccarle tutte e riempirmi le tasche di neve.

Ma il mio istinto cacciatore ha visto il destino, che corre laggiù sulla pianura e allora, con la forza pazzesca della follia, si butta dalla montagna ruzzolando, correndo, sbatacchiato qua e là, scansando rocce, saltando alberi, spruzzandosi nei torrenti, aggrappandosi alle stelle e sbattendo contro un masso, rimbalzando via ed io con lui, portato via, per sempre, fino alla fine della corsa che però non so quando sarà, ma vale la pena correrla, fino a che non arriva il giorno e ti dici che dopo tutto é stata una bellissima notte, stanotte, e ti é sembrato tutto un sogno...

... che mi ha lasciato le tasche tutte bagnate di neve.

Wile E. Coyote e Road Runner (Beep Beep) sono personaggi dei cartoni animati creati da Chuck Jones nel 1948 per la Warner Bros. GM

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